Per festeggiare siamo andati in un ristorante di pesce. Lo ha scelto lui per il secondo anno consecutivo, anche se, in verità, con il pesce, ha un rapporto controverso. Ama il branzino, la sogliola e l’orata. Basta. Niente pesci troppi piccoli o troppo grandi. Niente frutti di mare né gamberi ché gli fanno impressione. Le aragoste? Orrore. In quel ristorante, che è paradossalmente tra i suoi preferiti, prende anche il crumble di mele con la crema custard, benché solitamente non ami i dolci.
È misurato, non mangia burro o salame o patatine. Il fritto? Pesante. Il cioccolato? Solo fondente, dal 95% in su, perché altrimenti diventa stucchevole. Caffè amaro, tè verde, latte scremato. Lui non è salutista per scelta ma per gusto. La specie più esasperante.
Ha granitiche certezze, incrollabili idiosincrasie, pensieri dritti e taglienti. Conosce la strada anche quando si perde.
Dà del tu a tutti anche se non è il caso. È dotato di un candore stridente, di una follia spiazzante. Non tollera i quadri storti ma nella simmetria soffoca.
Mister I e io, qualche giorno fa, abbiamo festeggiato 29 anni insieme. Eravamo a Londra, come quando ci siamo conosciuti.
Al ristorante siamo andati in metropolitana. “Mind the gap between the train and the platform” diceva l’altoparlante alla fermata. La ragione di questi 29 anni con Mister I, per me, sta esattamente in quel gap, la meraviglia di un mondo storto tra superfici piane.