Sono in spiaggia, sposto un lettino, inciampo in uno scoglio, cado, batto la testa su un sasso e non mi alzo più.
Sono in pineta, scivolo sul bagnato che ha lasciato il trattore spargi-acqua, rimango per terra stordita, passa il trenino e mi falcia.
Passeggio sulla scogliera, mi sporgo per guardare il panorama, il costone è friabile, cede, io con lui, voliamo giù.
“Ci penso spesso. Capita anche a te?”
“Sempre. Io muoio a ripetizione nell’arco della stessa giornata. Il più delle volte per incidenti molto stupidi ma tutti fatali”
“Anche io muoio spesso. A volte però mi limito a farmi malissimo, con gran spargimento di sangue, tipo film splatter”.
“Ah. Però sopravvivi”
“Sì, ma a malapena”
“Interessante. Hai visioni catastrofiche anche relative a parenti e amici?”
“Naturalmente. E tu?”
“Ovvio”.
Scoprire che anche la zia matta ha pensieri intrusivi rovinosi, esattamente come me, è stata una splendida sorpresa. Ce li siamo raccontati e dopo eravamo felicissime.
Scorgere nell’altrui sguardo la propria follia è di enorme conforto.