Nonsolomamma

Cuba, giorno 1. Yoga al cimitero

Ci avevo pensato già dall’Italia. Perché l’integrazione e la scoperta passano dalla condivisione. Cosa potrò fare tra i cubani senza sentirmi totalmente fuori luogo? mi ero chiesta. Ovvio, yoga.
L’Havana è una città gigantesca in cui i mezzi pubblici non funzionano, i taxi privati costano quasi quanto quelli italiani e i taxi collettivi bisogna capirli e io, al giorno uno, a malapena avevo capito dove fossi. Ma la scuola di yoga che avevo individuato era, secondo Google Maps, a 30 minuti a piedi da casa: niente al cospetto dell’immensa planimetria della più grande metropoli dei Caraibi. 

Così, nella mia prima mattina all’Avana, mi sono incamminata alla volta di Vidya Yoga, da sola perchè certe pratiche sono individuali.

Lungo la strada un signore mi ha avvertita che mi avrebbero rubato il cellulare se non fossi stata attenta. Più mi allontanavo da casa più le strade si svuotavano e restavamo io e montagne di spazzatura. Poi sono andata a sbattere contro il muro del cimitero. Un cimitero in cui sono sepolte due milioni di persone, tra cui pompieri, la prima donna divorziata a Cuba e Amelia Goyri de la Hoz, detta la Milagrosa, la miracolosa.

C’eravamo io, il muro, 2 milioni di lapidi dall’altra parte e il nulla intorno. Dalla piantina, la scuola di yoga era all’interno, in calle J, accanto al crematorio.

All’improvviso, lei è apparsa. No, non la Milagrosa. Almeno, non credo.

Lei, con un ombrello per ripararsi dal sole (qui lo usano in molte), il passo lieve ma deciso di chi sa dove andare.

Ci siamo fatti sotto. Il mio spagnolo corsaro e io, boccheggianti entrambi. Lei stava andando all’accademia di danza (“ho il saggio tra poco: sono molto agitata”), nello yoga non aveva alcun interesse ma mi ha preso a braccetto, mi ha tirato sotto il suo ombrello blu e ha deciso che, da quell’impasse, saremmo uscite insieme, a testa alta. I cubani parlano velocissimo, aspirano alcune consonanti (Cuba diventa Cu’a) e prendono tutto con accorata serietà. Io capivo la metà delle sue parole ma al suo fianco ero invincibile.

Siamo andate dai guardiani del cimitero che, pur non avendo alcuna  idea, ci hanno indirizzate altrove perché una risposta a caso non si nega a nessuno, nemmeno qui.

Abbiamo interpellato una signora che con una scopa spazzava invano acqua da un tombino intestato che più si svuotava più si riempiva. La signora e la sua operazione ad altissimo contenuto simbolico ci hanno intrattenute a lungo. 

Alla fine la mia amica ballerina ha telefonato alla scuola di yoga. Non abbiamo capito dove fosse ma le lezioni ricominceranno a settembre.

L’ho ringraziata, l’ho amata anche un po’, salutarla è stato triste. Sono tornata a casa dicendomi che anche camminare per l’Avana è un po’ yoga.

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