Domenica Mister I e io abbiamo festeggiato 31 anni dalla sera in cui, alla fermata dell’autobus a Londra, di ritorno da una improbabile festa danzante, ci siamo baciati la prima volta.
Solitamente, ogni 27 di luglio, andiamo a cena fuori, con o senza figli, a seconda del luogo e delle condizioni in cui versiamo.
Per evitare di incappare nel riso, nel pollo e nei fagioli, nelle insidie delle verdure crude e soprattutto per coltivare una comune passione, abbiamo deciso all’unanimità, di concederci una prima colazione a buffet in un hotel a 5 stelle di fronte al Malecón che poi sarebbe il lungomare. “Al buffet sta tutto pagato. Se ne pentiranno. Qui non conoscono i baresi: in questi frangenti diamo il meglio. Faremo razzia” ha minacciato Mister I.
Nota su prezzi e tassi di cambio. Costo della colazione: 4000 pesos cubani a testa. Al cambio del mercato nero (che tutti utilizzano) meno di 10 euro, al cambio ufficiale circa 27 perché, pur avendo abbandonato la doppia moneta, a Cuba esistono due binari paralleli. E le rare volte in cui è possibile utilizzare la carta di credito (praticamente solo nei grandi alberghi) si percorre quello ufficiale, tre volte più caro.
“Servono la colazione dalle 7 alle 10. A che ora andiamo?”
“Al più tardi alle 8 altrimenti ci rubano il cibo e non troviamo niente”
“Non esageriamo adesso”
“Io non voglio rischiare, non so voi”.
Alle 8 di domenica mattina – vestiti come scappati di casa – facevamo un trionfale ingresso nell’hotel di lusso e, con passo sicuro, salivamo – rigorosamente con la scala mobile – al piano del ristorante. “C’è pure un bellissimo bagno, nel caso…” ha notato il grande.
Perché, subito dopo il cibo, altri bisogni primari meno nobili, misura della salute fisica e talvolta mentale del viaggiatore, dominano le nostre conversazioni cubane, soprattutto dopo l’avventura ospedaliera.
Ci siamo accomodati a un tavolo con vista mare. Abbiamo riempito i nostri piatti di croissant, formaggi, salumi, salmone, pane di ogni tipo, burro in quantità, frutta fresca e secca, cereali, pancake, ciambelline, uova, yogurt e di nuovo e di nuovo ancora, a ricominciare il giro, perché per i baresi il buffet è un lavoro e va fatto per bene.
“Io qui mi sento potente” ha dichiarato Sneddu mentre banchettava.
Il grande a un certo punto si è alzato ed è corso all’altro capo della sala per abbracciare un cameriere. Si sono salutati con l’entusiasmo e l’affetto dei migliori amici, tenendosi stretti e dandosi grande pacche sulle spalle. “Scusa ma chi è?” ho chiesto, mentre l’amico fraterno in divisa dell’hotel omaggiava il grande di alcuni volumi di psicologia tirati fuori da sotto un tavolo.
Succedono cose strane a Cuba. Non tutte hanno spiegazioni logiche.
Ho costretto Mister I a fare una foto insieme, da mandare ai nonni.