Nonsolomamma

stridori

Vorrei parlare delle orecchiette che Mister I produce compulsivamente. A centinaia, forse migliaia. Le fa quando è in conference call con i colleghi, quando gli altri dormono, quando vengono ospiti e quando non viene nessuno.
Vorrei parlare del suo compleanno, la settimana scorsa, quando casa nostra si è riempita di zii e nonni, oltre che di orecchiette e braciole e torte. E del nonno, Mister Brown, che è diventato un ultras del Bari, anzi della Bari e la sua idea di felicità è un divano con i nipoti intorno e la partita in tv.
Vorrei parlare di una serata a teatro a ricordare il Vajont, con un coro di 200 persone sul palco – studenti, insegnanti, pompieri, professionisti, cittadini – tutti lì a raccontare una storia di 60 anni fa che sembrano ieri. Ho partecipato anche io a quella lettura collettiva e quando è arrivato il mio turno, al microfono, davanti a un pubblico gigante, pensavo che avrei avuto una paura blu. E invece no perché quando le cose si fanno tutti insieme ci si protegge e non può succedere niente di male.
Vorrei parlare di una banale ma rivoluzionaria scoperta: è possibile mandare messaggi Whatsapp a se stessi. Lo sanno tutti ma io no e da quando lo so mi mando in continuazione pensieri alti e motivazionali, tipo: “sei una topa spaziale” e, se lo leggo su Whatsapp, poi ci credo.
Vorrei parlare di Sneddu liceale, assorbito dalla vita come da una centrifuga. Di una serata magnifica, trascorsa a sfogliare un ricettario di dolci insieme al medio. Del grande che ci psicanalizza tutti e non fa prigionieri. Del pendolarismo di Mister I e di me che mi sveglio di giorno pensando che sia notte e ogni notte chiedendomi chi sono.
Vorrei parlare delle cose piccole e sceme su cui si costruiscono le nostre vite dissennate e felici.
E ogni volta che ci provo, che ci ho provato, mi interrogo sul diritto che abbiamo noi di sproloquiare di insensatezze quando poco più in là c’è un’umanità che affonda.
Mia nonna si chiamava Sara, era ebrea e per questo lo sono anche io. «Sono atea, ebrea e comunista», diceva. Vorrei condividere con lei l’orrore di questi giorni. Era lucida e candida. Avrebbe saputo navigare in questa lacerazione permanente. Avrebbe trovato le parole e un posto dove stare; le parole e il posto che a me mancano.

8 pensieri riguardo “stridori

  1. Grazie. Pezzo luminoso.
    Ieri mia figlia 13enne (che non ha uno smartphone ma ne sa comunque più di me) mi spiegava come funziona Instagram, quindi le ho chiesto di guardare la tua pagina, così ti ho ascoltata parlare di ebraismo. Molto toccante, candido, con parole giuste, lucide e autentiche. Grazie.

  2. Cara Elasti
    Ti leggo sempre con tanta invidia buona per la tua famiglia e, no, non ti mancano le parole ed il tuo posto è proprio dove e come sei.
    Un abbraccio 😘

  3. Bello, brava era tanto che non scrivevi un pezzo così. Come si può continuare a vivere normalmente con “l’orrore” così vicino a noi….

  4. peccato che per vedere qualcosa su instagram bisogna avere un account, avrei ascoltato volentieri quello che citano qui sopra.
    invece sul tuo facebook si vede tutto, anche senza avere account…. chissà se magari hai tempo di metterlo anche lì….😉

  5. Eh no,cara Elasti, le parole giuste non hanno posto in questi terribili giorni, sono tutte inadeguate. Ho parte della mia famiglia a Gerusalemme, ci sentiamo continuamente, neanche loro hanno le parole per esprimere,comunicare a noi l’angoscia e lo sperdimento, il sentirsi spaccati fra il proprio dolore e quello che li lacera per gli altri, al di là del confine.
    Un mio dolore tutto privato è non sapere più quando potrò rivederli, la mia adorata zia ha 102 anni,lucidissima,grande intellettuale, sta scrivendo di questi giorni. È la memoria storica della nostra famiglia…

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