Da qualche anno, ovunque vada e resti più di tre giorni, cerco una scuola di yoga. Quella di St Andrews in Scozia aveva scritte motivazionali sul soffitto, a Bristol un giorno al mese si praticava completamente nudi ma solo se si era biologicamente femmine, nella città di A, in Massachusetts, avevano sdoganato i gemiti, con uno straniante effetto sonoro da film porno.
A Londra avevo approfittato della settimana in offerta di quattro scuole diverse provando tutto perché “stava pagato”.
Anche all’Avana ho cercato lo yoga. Inizialmente con una certa pena perché, per Google Maps, la scuola che avevo individuato stava dentro il cimitero, precisamente nel crematorio. Mi sono incaponita a lungo sotto il sole, tra le lapidi, intrappolata in una questione letteralmente di vita o di morte.
La scuola di yoga è un approdo, un porto sicuro anche in luoghi alieni e ignoti. Chi fa yoga parla la stessa lingua (anche se qui dicono “perro cabeza abajo” al posto di cane a testa in giù), cerca lo stesso equilibrio, si muove con il respiro, ha una relazione disinibita con la nudità dei propri piedi, e, in linea di massima, non giudica. Lo yoga crea una comunità in cui sentirsi a casa.
Quando ho capito che di Google, all’Avana, mi potevo fidare relativamente, ho battuto altre strade e ho individuato un balcone color albicocca in un edificio dove, da un mese, non arriva l’acqua. Ho trovato piastrelle colorate, un gong, vignette ad alto contenuto erotico appese alle pareti per una mostra dal titolo “clits and tits” che celebra una sessualità liberata al femminile in un paese in cui il machismo è piuttosto presente. Ho imparato che gli insegnanti di yoga, come quelli di salsa, di spagnolo e di qualsiasi altra cosa, si chiamano “profe” e ho frequentato le lezioni di profe Lisandro da cui ho imparato i nomi di quasi tutte le parti del corpo, da rodilla a hombros, passando per cadera e pulgares.
Con me, a lezione c’erano una iyawo, vestita interamente di bianco, adepta alla Santeria, la religione sincretica di Cuba, una cinefila che mi ha consigliato un documentario su youtube sui cinema itineranti durante la rivoluzione (La primera vez), una coppia entusiasta e verbosa, una ragazza tinta di biondo platino con le unghie verdi, una signora tedesca che vive qui da 30 anni.
Oggi ho fatto l’ultima lezione. Profe Lisandro alla fine mi ha abbracciata anche se eravamo molto sudati. Avrei voluto dirgli tantissime cose ma lo spagnolo emotivo ancora non lo maneggio con destrezza. Ho dato un’occhiata a Clits and Tits, per l’ultima volta. Mi mancheranno pure loro.