Il viaggio di ritorno dall’Avana al Salento è durato poco più di 24 ore, in un collage di voli (tre), di attese aeroportuali, intermittenti esasperazioni (“Il Roma-Brindisi ha un’ora di ritardo” “In quell’ora mi spegnerò”) ed enormi felicità (un gelato, il primo dopo cinque settimane, gusto panna cotta con caramello e pistacchio, a Fiumicino al prezzo di una cena per due o di 5 lezioni di yoga a Cuba).
Nella notte tra l’Avana e Parigi una bambina mi ha dormito addosso. Era una dei tanti, troppi figli di due genitori la cui superficie corporea era già stata colonizzata dai fratelli più piccoli. Mi sono addormentata e, al risveglio, ce l’avevo spalmata sulla pancia. Piccola piccola, aveva unghie smaltate e decorate, più lunghe del suo naso. Un dettaglio stupefacente che non mi ha impedito di ripiombare nel sonno.
Arrivati a destinazione, verso le due di notte, abbiamo trovato ad aspettarci non i nonnni che giustamente dormivano, e nemmeno la zia matta con Michelone che ora sono qui ma vivono in Lesotho, paese dalla collocazione geografica approssimativa, inviso a Trump che lo ha condannato ai dazi più alti del mondo. Ad aspettarci c’era il medio, reduce da una gloriosa estate post maturità che lo ha visto in discoteca a Formentera, in Interrail a Berlino, Budapest e Praga, in raccoglimento alcolico tra le colline toscane, in case altrui in Sicilia e a Napoli. Il medio che aveva fatto per noi i letti e una spesa di mozzarelle e taralli, che mi è sembrato più alto e bellissimo, che quando l’ho abbracciato ci siamo tenuti stretti per un sacco di tempo e io non ho pianto solo perché ero troppo stanca anche per le lacrime.
muy encantador,linda muchacha,viajar con Ud a Cuba
Ma che bello questo ricongiungimento familiare! 🙂