la casa era enorme, con il parquet ovunque e una grande scala che portava al piano di sopra. dall’ingresso si scorgevano, in fondo a destra, la cucina, un frigorifero con il distributore di ghiaccio, come quelli americani, e un adolescente che mangiava pop corn e guardava i simpson in tv.
"venite, lui è su", disse accogliendoli, una signora elegante, ingioiellata e spettinata.
loro salirono, muti.
lui era su, seduto su un alto letto matrimoniale, le gambe penzoloni e lo sguardo interrogativo di un bambino.
"racconta, racconta ai signori cosa è successo. loro sono qui per aiutarti", gli sussurrò lei, materna e apprensiva.
"non lo so. non ricordo. non mi ricordo niente", rispose lui, con voce atona e incredula.
"in che senso non si ricorda niente?"
"non mi ricordo come mi chiamo, che lavoro faccio, non so chi sia questa donna bionda, non conosco questa casa e non conosco voi, signori strani con queste tute rosse e questi camici. ma sto bene. sto bene. adesso passa. grazie"
e se ne stava lì, balbettando che era tutto a posto e scoprendo quella stanza, quel letto, quei quadri alle pareti, quei tappeti come se li vedesse per la prima volta.
lui era a casa sua, con sua moglie, suo figlio al piano di sotto che mangiava pop corn e guardava i simpson e il suo telefonino sul comò, dove lo aveva posato in un passato prossimo o remoto. lui era lì, disorientato, capitato in una vita che non riconosceva, atterrato in un mondo estraneo.
la signora si avvicinò alla ragazza con la tuta rossa, l’unica donna di quel trio, arrivato con l’ambulanza.
"posso? sa, tra donne ci si spiega meglio…", chiese abbassando gli occhi e stringendole il braccio.
"certo che può"
"beh, lui ed io… mio marito ed io… stavamo… beh, ha capito no? stavamo… insomma eravamo insieme, a letto e ad un certo punto… lui mi ha chiesto ‘ma tu chi sei?’ e io ho pensato stesse scherzando… ma non scherzava. nostro figlio era di sotto…"
lui aveva perso la memoria, una domenica pomeriggio, durante l’amore con sua moglie che gli aveva detto "non fare lo stupido", ma lui non faceva lo stupido. lui si era perso veramente.
elastigirl non sa se quel signore si è ritrovato, dopo un’ora, un giorno o un mese o se magari ancora adesso, a distanza di quasi vent’anni, ha un buco nero al posto del passato, apertosi quella domenica.
elastigirl, entrata nella sua vita come volontaria dell’ambulanza che lo portò in ospedale, non ha saputo più niente di lui, ma serba vivido il ricordo di quelle gambe penzoloni e di quello sguardo interrogativo, di bambino.
è atroce. anche io stavo per dire qualcosa su oliver sacks come bostoniano. ma dico solo che è atroce.
cara raffaella,
non siamo proprio tutti di sinistra. non credo sia una caratteristica fondamentale per apprezzare questo meraviglioso blog.
criale
ho i brividi ma, ehm… starà sicuramente benissimo… sei un po’ più serena?
Ho avuto il link del suo blog da un suo amico (essendo un commento pubblico evito di fare il suo nome). Nel webmagazine bazarweb.info ho una rubrica dal nome bloggerie dove mi piacerebbe inserire la recensione del suo blog. Le andrebbe di rispondere ad una breve (lo giuro!) intervista? Può rispondermi a milione@bazarweb.info. Grazie e complimenti davvero. RM
Qui dicono che il programma amnesia è basato su un falso http://rivistapop.wordpress.com
Che ne dite?