Nonsolomamma

ho conosciuto un they

sabato mattina l’elasti-famiglia è andata a recuperare lo hobbit grande che, suo malgrado, ha terminato le 4 settimane di campo estivo “great books”, inizialmente schifato e poi amato alla follia (“mamma, ho imparato pù in questo mese che in tutta la mia vita”).
per celebrare la fine di questa esperienza assoluta, totale, estrema, completa e pure un po’ metafisica, era stata organizzata una cerimonia di saluti a cui tutti erano stati invitati.
“mi raccomando non facciamo i fenomeni” ha detto elastigirl agli hobbit. “sapete com’è vostro fratello: non vuole che ci facciamo notare. quindi profilo basso, poche parole solo se necessarie e decoro!” “va bene, allora mi metto la camicia così faccio l’italiano elegante” ha detto il medio. “posso mettermi una tuta?” ha chiesto il piccolo detto sneddu. “noi, comunque, in questa gabbia di scoppiati americani poverialloro siamo in più fichi dell’universo, sia chiaro! e quello, tuo figlio, se si imbarazza per noi bisogna dargli mazzate” ha esclamato mister i, nella sua versione barese che emerge ancor più prepotente in terra straniera.  “però hai scelto una polo invece che una delle tue improbabili magliette con messaggi politici subliminali” gli ha fatto notare elastigirl. “embè?” ha risposto lui mettendo fine alla conversazione.

“mamma, hai presente quelli che sono andati via prima della consegna dei certificati di frequenza? quelli che poi sono stati richiamati e sono tornati?” ha chiesto lo hobbit grande nel pomeriggio, con gli occhi lucidi e il cuore spezzato per una fantomatica fanciulla del tennessee (“mamma il prossimo weekend possiamo andare a nashville?” “uhm, sono più di 1.500 chilometri da qui, quasi il doppio della distanza tra milano e bari” “ma ne vale la pena” “non ne dubito ma temo sia impossibile”), commentando insieme a elastigirl la cerimonia di chiusura e soprattutto i loro partecipanti.
“no, veramente mi ricordo solo una persona che se ne è andata”
“sì, appunto loro!”
“loro chi? c’era una ragazzina bionda magretta e basta”
“quelli con il cappello”
“sì, aveva un cappellino con la visiera bianco…”
“avevano un cappellino”
“ma chi?”
“loro”.
al campo estivo great books c’erano ragazzini transgender, c’erano adolescenti eterosessuali, gay e lesbiche, bisessuali, indecisi, liberi, confusi e con le idee chiarissime.
“e poi c’era un ‘they'”
“un loro?”
“già. loro non avevano ancora deciso se essere she o he. allora erano they”
“ah. un po’ complicato da gestire, più che altro a livello linguistico”
“già, infatti io a loro parlavo pochissimo perché avevo sempre paura di sbagliare”.

51 pensieri riguardo “ho conosciuto un they

      1. non so che dirti. in quel campo in effetti c’era una varietà di identità e di preferenze che io non avevo mai incontrato

      2. Si anche io propendo per la moda, da adolescenti siamo tutti in qualche modo “confusi”,ora va di moda etichettare precocemente tutto e tutti, quando semplicemente siamo persone

  1. Anche a me sembra che tutta questa confusione sia frutto di troppi discorsi e di un libertarismo che non fa bene a nessuno.
    Intendiamoci, è magnifico che il tuo ragazzo si sia trovato a contatto con realtà differenti e le abbia accettate con questa scioltezza.
    Però di base rimango perplessa e lo sono da diverso tempo: stiamo facendo il bene di quei bimbi/adolescenti dicendo loro che possono essere tutto quello che vogliono sempre e comunque?

    1. il messaggio non è che possono essere tutto quello che vogliono.
      il messaggio è che se non si riconoscono in quello che per la ‘società’ dovrebbero essere hanno il diritto di cercare e capire ciò che sono davvero.
      ognuno di noi ha un’immagine interiore di sè stesso, che di solito coincide con quella esteriore.
      ad alcune persone questo non accade.
      come quando invecchi o ingrassi o dimagrisci molto e nella tua mente sei ancora come una volta, e poi ti guardi allo specchio e non ti riconosci più.
      GG

      1. Sì la teoria è questa ed è difficile non condividerla.
        La pratica però poi dice altro, e il risultato sono ragazzini di 8 anni (o meno) che dicono di essere dei trans e vivono malissimo per forza di cose. A me pare un andazzo piuttosto negativo e sbagliato.

      2. Ma davvero abbiamo bisogno, specie da ragazzi, di tutte queste etichette? Non finiscono per condizionarti e imbrigliarti nel.lungo periodo molto di più? (Per dire, io a 3 anni volendo imitare mio fratello dicevo di essere un maschio è che mi sarebbe cresciuto il pisello). Se forse allora mi avessero etichettata come trasgender sarei cresciuta con questa idea di me stessa (sono eterosessuale felicemente accoppiata con lo stesso uomo da 20 anni e ho tre figli, e mi sono sempre sentita bene nel mio corpo raggiunta la maturità)

  2. “noi, comunque, in questa gabbia di scoppiati americani poverialloro siamo in più fichi dell’universo, sia chiaro! e quello, tuo figlio, se si imbarazza per noi bisogna dargli mazzate” ha esclamato mister i

    al POVERIALLORO sono morta dal ridere!!!!!
    Avete presente la figlia di Angelina e Brad che ora dice di volersi attaccare un pistolino finto e di sentirsi maschio e ha… tipo 9 anni??!! fa parte di tutto questo “potete essere come desiderate” anche lei/lui/they

    1. Interessante, ma cosa leggete per sapere queste cose? Io del pistolino finto non l’ho letto da nessuna parte… 😀

      1. Me l’ha detto la aupair americana proprio ieri…. io non seguo ste robe, ma lei evidentemente si, e ha commentato con un “gli ci vorrebbe un po’ più di Gesù e di preghiere”…..
        OMG
        lassamo stare che è meglio

  3. @Alahambra: se fosse vero che basta condizionare un bambino in un senso o nell’altro, allora nessuno avrebbe dubbi sulla propria identità.
    Ci sono sempre state le persone con questi dubbi, ma dovevano nascondersi, vergognarsi e tacere.
    Mi sembra un andazzo molto peggiore.
    GG

    1. esatto, sono d’accordissimo. ci sono sempre state inquietudini, fasi, incertezze e in/sicurezze. ci sono sempre a quell’eta’ ma eidentemente in certi ambienti si sentono tutti piu’ liberi di esprimersi che in altri. parlare di come ci si sente non fa mai piu’ male che bene secondo me.

      1. Fa bene se viene dal soggetto. Se lo stesso soggetto invece si sente in dovere di prendere una posizione (come secondo me sta accadendo) la situazione diventa controproducente.

  4. Un campo estivo del genere è così progressivo da sembrare futuristico per me. Io sono cresciuta in un ambiente non ostile all’omosessualità, ma dove non se ne parlava. Nessuno a scuola si è mai posto il problema di spiegarmi cosa era l’omosessualità, di tutte le altre sfumature ancora non se ne parlava neanche da lontano. Quando a 14 anni i miei ormoni si sono mossi, li ho scoperti indirizzati su entrambi i sessi. Quando ne avevo 20 mi sono arresa all’evidenza che a me piacevano le donne. Da questo a dirlo ad altre persone sono passati ancora ulteriori anni. Se qualcuno mi avesse presa per mano da bambina e spiegato che esistevano le varianti a-b-c-d-e-f-g-h-i etc etc, invece che solo A e B, avrei vissuto il mio percorso più serenamente e con qualcuno che mi aiutava, invece di brancolare al buio sbattendo la testa più volte, e da sola. E’ facile dire che in tenera età certe cose non si possono sapere, ma spesso si sanno eccome, e se non si sanno con precisione, spesso una differenza tra te e gli altri la senti, e non è piacevole.
    Non si tratta di decidere che cosa essere, ma di capire quel che si è.

  5. Tema intenso oggi: anche io temo che tutta questa libertà renda le cose ancora più confuse per chi è alle prese con la costruzione di sé. Per riprendere la testimonianza di Elena, se già sei confuso/a non so se presentandoti innumerevoli opzioni questo renda la cosa più facile: solo l’apertura mentale di chi è vicino a te rende il percorso di consapevolezza di sé più o meno difficile, ma questo è valido per ogni cosa e non solo per la propria identità sessuale

    1. LaRiccia, secondo me il punto non è tanto il rendere la cosa “facile”, quanto “possibile”. Le definizioni corrono molto veloci, io trentenne mi identifico come donna omosessuale, e mi trovo a volte a parlare con 20enni che si definiscono con un ventaglio di termini che io(e la maggior parte della mia generazione) non conosco e non uso. Sono decine. Ma credo che in un paese che ha sdoganato l’omosessualità da decenni(almeno in alcuni stati), generazioni nuove che non devono combattere per il loro essere omosessuali abbiano avuto il modo di portare le definizioni ad un livello più specifico. Se una persona si trova in una definizione più specifica, che la fa stare bene, perchè no? Le sfumature sono tante, a volte la confusione è anche passeggera, ma secondo me comunque non va sminuita. E l’apertura mentale passa anche da qui, se certe tematiche e problematiche non si affrontano, non se ne parla, o si sminuiscono, è difficile che la gente ti accolga.

    2. Sono molto d’accordo con te. Premetto che ho ottanta anni e ho 3 nipoti 19 17 e 9 tutti molto svegli e al corrente di quello che succede nel mondo, forse l’ultima non ancora, io penso che per il benessere interiore dei giovani sarebbe il caso che i genitori parlassero ai figli, prima dello scombussolamento ormonale quindi intorno agli otto o nove anni con nonchallance di una diversa identità sessuale così in generale senza entrare in un completo alfabeto di alternative che possono queste si disturbare una crescita serena! A questo punto saranno i “they” ,poveri figli, a sentirsi inadeguati! Non tutte le famiglie hanno genitori come voi! Scusate lo sproloquio dovuto all’età e al fatto che amo molto le ultime generazioni e vi dirò che sono preoccupata per loro e per poche certezze che gli stiamo lasciando

  6. scrivo solo l’ultima, perchè non vorrei dare l’impressione di voler fare una crociata…non si sta parlando solo di orientamento sessuale (cioè se sei attratto da un uomo o da una donna).
    si sta parlando di identità. Forse Elena qui sopra non ha mai avuto dubbi nel suo essere donna, indipendentemente da chi si sente attratta.
    Ci sono ragazzi che dentro di loro non si sentono dello stesso sesso che hanno fisicamente. Non parlarne per niente li fa sentire incredibilmente sbagliati, e molto soli al mondo. Non credo che chi non ha dubbi, come la maggior parte di noi, possa confondersi. Ma chi ne ha può trovare conforto. Scusate è solo la mia opinione non vi tedio più
    GG

      1. It è neutro, ma viene usato per le cose. rischia di essere percepito come avvilente. Per la confusione, io trovo che sia naturale nel l’adolescenza perché è l’età in cui viene definita l’identità e la sessualità ne fa parte….poi è anche probabile che le mode influiscano, ma è bello che possano indagare, provare, cercare, sperando solo che la libertà in cui al momento si muovano non sia essa stessa moda, e quindi a scadenza o con riserva

    1. No, they è il pronome che si usa in inglese quando si vuole fare una frase impersonale, o quando volutamente in una frase non si vuole specificare il genere. E questo da sempre, non è un uso legato al mondo LGBT 🙂

  7. A me quel che ha colpito di più è il fatto che lo hobbit grande, ragazzo di mentalità aperta e senza pregiudizi, davanti a questo uso del linguaggio si sia sentito in difficoltà al punto che, per non offendere l’interlocutore, abbia rinunciato a parlarci.

      1. Infatti, credo di non essermi spiegata bene, ma era proprio quello che volevo dire. Questa suddivisione (he she they ecc.) che punta al rispetto e all’inclusione, risulta poi ostica all’atto pratico, quando uno deve parlare al punto che, per non sbagliare e offendere l’altro si preferisce non parlargli, portando così ad allontanare le persone anziché avvicinarle. E l’inglese è una lingua semplice. Se dovessimo fare lo stesso in italiano, dove anche aggettivi e forme verbali hanno il maschile e femminile, dovremmo pensare a lungo prima di formulare una frase col risultato di rendere difficile un dialogo.

  8. restando in tema, una cosa che ho notato è che i ragazzini americani (almeno i nuovi amici di mio figlio conosciuti al campo) su instagram, che è ormai il loro social per eccellenza, scrivono sul profilo “he” o “she” o “they” o altro…

    1. E qui il sospetto che si tratti di una moda è altissimo. Moda pericolosa però, perché non riguarda l’abbigliamento, la musica o qualsiasi altro aspetto di costume, ma un tema estremamente delicato come l’identità di genere, che dev’essere sì libera, ma quando diventa fluida allora forse c’è qualcosa che non va e anziché parlare di assoluta normalità, magari additando come retrogrado chi pone dubbi, si dovrebbe indagare ed eventualmente prestare aiuto.

  9. cmq non è mica detto che un ragazzino usi they come pronome perchè non ha deciso tra he o she, può essere che rimanga they tutta la vita. io in australia avevo un sacco di amici adulti, alcuno confusi altri neanche un pò, che usavano il problema they. ci ho messo un mesetto ad abituarmi, e a spiegarlo a mia mamma e mio fratello non ci sono riuscita. in italiano esister il voi, magari il loro non suona cosi’ bene, e infatti non viene usato dalle persone che si identificano come non binarie, di solito usano l’asterisco. in inglese they esiste, ha senso grammaticale compiuto, dopo un pò ci si abitua. e appunto non dichiara necessariamente confusione, piuttosto un’identità al di fuori dei binari stretti maschile/femminile. conosco qualcuno qui in uk che ha appena ricevuto un nuovo documento d’identità che usa il pronome they, prima o poi ci arriveremo anche noi.

      1. scusa ma con tutti i problemi di sessismo che abbiamo in italia, di mascolinità tossica e femminicidi ogni due giorni, direi proprio che un minimino ripensamento dei ruoli di genere e del genere in generale come concetto potrebbe solo farci bene, no? sono l’unica a pensarla cosi’?

  10. Come si fa a vivere tutta una vita “they”….? Va bene periodi di incertezza, ma che possa essere una condizione definitiva, non credo sia umanamente possibile… oppure ci stiamo davvero avviando verso un mondo dove , ognuno con la propria singola identità, saremo isolati, incompresi, senza un linguaggio comune per le cose comuni, senza scambio, senza sesso, senza amore….
    Plauso alla pedagogia americana: invece di aiutarti a crescere e maturare, ti apro nuove definizioni, più o meno rispondenti al vero, un calcio in quel posto e arrangiarsi….

    1. vabbè ma ne state facendo una tragedia, con tutti i problemi del mondo il non sentirsi rappresentati da un sistema binario rigido che divide maschi e femmine in due categorie nette e separate non è un cosi’ terribile! anzi, non è affatto terribile se gli altri non ti fanno problemi e si sforzano un minimo per accettarti (anche senza comprendere del tutto). ti assicuro che anche le persone non binarie scambiano e amano! e il sesso e il genere non sono la stessa cosa.

  11. Io non voglio discutere di cosa uno è o si sente di essere. Sei homosessuale? Benissimo. Ti senti donna o uomo? Ok! Quello che, lo ammetto un po’ mi spaventa, sono i “they” citati da Elasti nel post, che a voler usare un eufemismo sono un tantinello confusi, e sarò limitata io, ma forse un adolescente che non è in grado di collocarsi in uno dei due sessi meriterebbe più attenzione, anziché archiviare il tutto con il laconico “è una cosa normale” che fa tanto politically correct. Non vorrei che con la scusa di considerare accettabile tutto e tutti, coniando neologismi nuovi ogni giorno per definire l’indefinibile, questa società se ne voglia semplicemente lavare le mani. E prima che qualcuno fraintenda il mio messaggio, preciso che ho 23 anni e non ritengo di avere pregiudizi di alcun tipo, semplicemente penso che un disagio così grosso non vada normalizzato, e quindi banalizzato.

    1. vabbè, se il/la ragazzin* in questione dovesse soffrire per questa sua confusione allora un sostegno psicologico è ovviamente auspicabile, ma del resto quante confusioni fanno soffrire gli adolescenti (e anche gli adulti)? tantissime. però appunto qui si parla di genere, non di sesso! “definire l’indefinibile” mi sembra veramente esagerato: una persona non binaria non si ritrova pienamente nè nel genere maschile nè il quello femminile, e quindi usa un pronome che in inglese esisteva già, non è nemmeno un neologismo. suvvia capisco la paura delle cose nuove, ma non è veramente la fine del mondo. e può essere che diventi un disagio solo quando la gente intorno a te ti risponde “no non è possible ci sono solo due generi devi scegliere!!!111!11” quando tu non fai del male a nessuno, e magari non ci soffrivi nemmeno.

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