Saremmo dovuti essere a Ivrea, dove c’è la Grande Invasione che è un festival della lettura che pare bellissimo e dove ci sono anche nonna J e Artù che ci aspettavano. Saremmo andati con Sneddu e i gemelli, lei e lui, di cui è amico da ancor prima di aver contezza di sé. Gli hobbit maggiori avevano già organizzato una festa probabilmente orgiastico-baccanalica (“tranquilla, mamma, saremo pochissimi”) sabato sera.
Poi, a Sneddu è venuta la febbre, ai gemelli il mal di gola, a Mister I la frullosi (“Partite comunque vero? Non potete non partire!”). Così siamo rimasti a casa, a vedere Stranger Things e a invilupparci nella nostra pigrizia torpida e malaticcia. No, non è Covid.
E mentre gli altri ciondolavano lamentandosi del caldo, del mal di testa, del mal di gola, io ho fatto una torta altissima e poco altro. Però ho ripensato molto ai nostri due giorni napoletani. Alla meraviglia di una città che smuove corde antiche, alla casa del mio papà bambino, a un palazzo commovente, alle chiese con dentro tesori, ai castelli, ai panorami, alla street art, a una pizza, ai chilometri macinati per mano, a Mister I che sulla pedamentina sentenzia, con estrema gravità, che il Lussemburgo non ha ragione di esistere come stato autonomo europeo e deve scegliere se annettersi alla Puglia, alla Sicilia o all’Abruzzo e adottare come lingua ufficiale il bitontino, il pennese o il calatino.
Ci sono giorni gloriosi e giorni torpidi.
Vi amo!