“Lo sai che faccio tutto questo per amore, vero?”
Sneddu non aveva mai pronunciato nei suoi 12 anni da maschio medio, la parola amore. Deve essere una situazione veramente disperata. “Non ti diverti nemmeno un po’?”
“Fa caldo”.
A Milano c’è la design week e la città si trasforma in un gigantesco parco giochi di istallazioni, giardini segreti, palazzi privati improvvisamente pubblici, tunnel misteriosi. È tradizione che Sneddu e io andiamo in esplorazione in bicicletta. Lo so che questo sodalizio è a termine. Lo so che potrebbe iniziare a schifarmi tra un anno, un mese ma anche un giorno. Ma finché non succede io resisto e invento per noi avventure, scorribande, scoperte. Certo, più il tempo passa più devo stupirlo. Un tempo per farlo mio bastavano due fili d’erba, oggi se non gli offro almeno un fuoco d’artificio si spegne.
“Dove stiamo andando?”
“All’università statale dove ci sono delle istallazioni bellissime, non ti ricordi gli anni scorsi? E poi dobbiamo visitare i tunnel della stazione dove abitano i topi 51 settimane l’anno tranne questa. E poi ci infiliamo nei posti che ci ispirano. Che dici?”
Ha annuito perché è un ragazzo di fatti e non di parole.
Abbiamo vissuto esperienze immersive cromatiche (“Che vibrazioni ti danno, Sneddu? Paura, felicità, angoscia?” “Inutilità”), spettacoli surreali (“Perché quella ragazza in tutina bianca trasparente cammina sul tavolo da riunioni vaneggiando in inglese?” “Forse è una performance…” “Ti rendi conto, mamma, di dove mi hai portato?”), gabinetti in luoghi improbabili, teschi arancioni, poltrone zebrate, labirinti di specchi, bambini abbandonati su grandi cuscini. La catena della bicicletta di Sneddu è caduta, ci siamo coperti di grasso nero per rimontarla senza riuscirci, siamo stati salvati da un signore che ha trattato entrambi da storditi ma ha risolto il problema e ci ha coperto di tovaglioloni per pulirci. Abbiamo respirato vapori densi e bianchi, profumi di bosco, cuoio e smog.
Siamo rimasti molto perplessi. Non siamo designer. È stato bellissimo.
Il problema è che quella mattina, alle sette, avevo fatto una lezione di yoga e, dopo, avevo un lieve dolorino alla schiena, in basso a sinistra. Mentre pedalavo con Sneddu il dolore aumentava ma lui lo faceva per amore e io non potevo fare la zavorra. La sera non stavo in piedi, e nemmeno seduta, e nemmeno sdraiata. Un grumo di orrore. Oggi va meglio anche perché peggio era difficile da immaginare.
Quando ero ragazza, uno slogan molto amato diceva, “ l’immaginazione al potere” tu e tutto ció che fai me lo rievochi. Cara mamma Elasti sei una farfalla
grazie. che cosa bella