Artù è stato il marito di nonna J ed è stato nella mia vita quasi trent’anni.
Ha attraversato questo tempo con delicatezza e affetto. Mi ha accolta quando ero giovanissima, con la cautela che si usa con i materiali fragili o esplosivi. E ha partecipato a ogni tappa successiva con un’attenzione discreta, uno stupore divertito che mi hanno sempre fatta sentire al sicuro.
Artù c’era. E basta. C’era quando il venerdì sera gli chiedevo “e se domani venissimo a trovarti al castello?” e rispondeva “Che bello!” anche se eravamo cinque, tanti e impegnativi. C’era quando correva fuori a salutarci appena la nostra macchina entrava a corte. C’era quando chiamava al telefono, forse l’unico rimasto al mondo a usare la nostra linea fissa, e diceva : “Ciao cara! come stai? Mi mancate. Ho voglia di vedervi”.
C’era quando ci comprava i pasticcini e faceva l’aria furba perché aveva la scusa per mangiarne anche lui. C’era nel rito della lettura dei giornali la domenica mattina, nel fuoco acceso in sala e tutti noi sui divani, nel racconto della storia del pidocchio ai miei bambini che ha visto diventare grandi. Artù era un signore, di quelli che non ne nascono più. Era elegante e curioso. Aveva una tenerezza goffa e preziosa che è stata un dono e un insegnamento per i miei figli. Artù era generoso e volava alto sulle miserie del mondo. Aveva un candore così nitido da fare male agli occhi. Tra le persone sapeva costruire ponti e attraversarli con grazia. Con lui non ti sentivi mai sbagliato o fuori luogo o giudicato. Perché Artù arrivava disarmato e riusciva a disarmare tutti. Forse era questo il suo super potere.
Ciao Artù. Grazie per questi quasi 30 anni. Averti accanto è stato per me, per Mister I e per i ragazzi, un regalo e un privilegio. Ti porteremo con noi sempre, come si fa con i tesori.