tanti anni fa, circa 15, mister incredible prestò il suo lavoro studentesco e schiavile per un progetto di collaborazione tra la sua università di allora a un’università giapponese. tra le disparate mansioni a lui richieste figuravano anche delle lezioni di lingua italiana a una ragazzina di tokyo con la frangia sugli occhi e il terrore per le lucertole, piombata per un semestre in terra straniera al seguito del padre accademico. aveva dieci anni e si chiamava nanami.
dal lontano 1995 a oggi di nanami sono giunte notizie vaghe e sporadiche.
qualche settimana fa mister incredible ricevette un messaggio di posta elettronica. "sono nanami. studio architettura e sono in europa per qualche mese per uno scambio universitario. vorrei trascorrere qualche giorno a milano e mi piacerebbe salutare te e conoscere la tua famiglia".
nanami, venticinquenne, un metro e ottanta, frangia sugli occhi e un appetito da rugbista, è stata ospite tre giorni nell’elasti-casa.
ha mostrato allo hobbit grande come si fa un cigno origami ("adesso che c’è qui lei è facile, ma appena se ne va, io con questi foglietti quadrati tanto carini combinerò solo porcherie"), ha guardato con un sospetto misto a timore lo hobbit piccolo da cui si è saggiamente mantenuta a distanza di sicurezza e ha lanciato sguardi obliqui e inteneriti al microbbit che ha più volte tentato la scalata delle sue lunghissime gambe da fenicottero, incredulo e ammirato, abituato com’è alla taglia mediterranea delle elasti-estremità.
dell’italiano diligentemente insegnatole da mister incredible non ha alcuna memoria.
è sorridente e taciturna. ha bevuto tè ogni sera e ogni mattina e ha mangiato formaggi stagionati a qualsiasi ora, spalmandoli di marmellata ai pomodori verdi.
e poi, l’ultima sera, a cena, ha raccontato una storia.
"in giappone si lavora molto. spesso uomini e donne escono di casa la mattina alle nove e tornano non prima delle nove di sera"
"e se hanno dei bambini come fanno? a che ora finisce la scuola?"
"la scuola elementare finisce alle 3 del pomeriggio"
"e i bambini fino alle nove con chi stanno? con i nonni? con una baby sitter?"
"no. le baby sitter sono molto rare e i nonni spesso non ci sono"
"e chi va prenderli a scuola?"
"i bambini dai sette anni tornano a casa da scuola da soli. spesso prendono la metropolitana o l’autobus. e hanno le chiavi di casa. tokyo è un posto molto sicuro e i bambini possono circolare da soli"
"e cosa fanno a casa da soli fino all’arrivo dei genitori?"
"fanno i compiti, guardano la televisione e poi… be’, preparano la cena per il papà e la mamma che rientrano tardi, stanchi dal lavoro"
"vuoi dire che cucinano per loro?"
"sì, certo. da noi è normale".
domani comincia la rieducazione del mio!buonanotte!
Normale, no?
mamma mia… ma questa non è la cultura zen vero?
se qualcuno di passaggio conoscesse la realtà dell'infanzia giapponese in età scolare e potesse smentire o confermare il racconto di nanami gliene sarei grata
Se il nano grande impara a fare gli origami… e tiene gli occhi azzurri lui vero?uuuh!!!Un giorno questa te la spiego, un giorno.Ora no!^_^
ma no, dai, è impensabile una cosa del genere.cioè, 7 anni.sette.ma scherziamo ?!io controllerei la scadenza della marmellata ai pomodori verdi intanto…. 🙂
HELADOS: lei lo raccontava come fosse la cosa più normale del mondo. te lo assicuro! anche io ero basita ma per lei era così naturale che mi ha fatto venire qualche dubbio
ho inviato una mail ad un'amica che al momento vive in giappone con 2 figli e marito. Spero di avere notizie da condividere e magari smenitre (anche solo parizalmente) .Certo che a pensarci bene, qualcosina, non tutto, si potrebbe anche importare…..
permettimi…che orrore…le mie figlie, pur precocissime e sveglissime non faranno neppure la primina un anno di infanzia non ha prezzo buonanotte doc mu
aiuto … roba da telefono azzurro, come minimo … !
Ma sì certo, ne sono sicuro.Mi riferivo alla(nell'accezione più simpatica del termine) "mostruosità" della cosa.Sette anni sono davvero pochini per certe azioni.A mio personalissimo parere, ovvio.
…Paese che vai…Comunque io non guarderei a questo loro stile di vita con grande ammirazione…La cosa che più potrebbe colpirmi è che una megalopoli come Tokio sia sicura per dei bambini così piccoli…Per il resto, genitori che lavorano 12 ore al giorno entrambi e bambini (per quanto super-ben-abituati) lasciati a loro stessi e ai fornelli mi lascia solo una grande tristezza addosso. Per una volta credo di trovare più condivisibile il nostro, di stile di vita…Ely
Io (che sono di passaggio, ma seguo silente e divertita questo magnifico blog) posso confermare che effettivamente la situazione descritta da Nanami si verifica in quelle famiglie nelle quali entrambi i genitori lavorano; ancora poche, dunque, poiché la donna giapponese media è fortemente condizionata dalla società a sposarsi, avere figli e abbandonare il lavoro entro i ventotto anni. I bambini giapponesi vanno a scuola da soli fin dalle elementari, accompagnati dai più grandi, e l'Economia Domestica è una materia come le altre (per quanto, ovviamente, frequentata soprattutto dalle bambine/ragazzine) in cui si insegna anche l'arte della cucina. Nel bellissimo film di Miyazaki "Il mio vicino Totoro" (ambientato negli anni Cinquanta, ma ancora attuale sotto molti aspetti) il fatto che la decenne Satsuki si svegli presto per preparare colazione e o-bento (pranzo-al-sacco, o meglio in cassetta) al papà che poltrisce e alla sorellina appare perfettamente naturale. Allo stesso modo, ne "L'estate di Kikujiro" di Takeshi Kitano il piccolo protagonista torna a casa da solo e si occupa di timbrare col sigillo familiare la raccomandata consegnata dal postino.Per non parlare poi delle vacanze estive, durante le quali i bravi bambini dovrebbero uscire di casa alle sei di mattina (pianino pianino, per non svegliare i familiari) per recarsi al parco del proprio quartiere a seguire le lezioni di ginnastica della radio sotto la sorveglianza di un incaricato adulto armato di foglio di presenza. O dell'impegno "volontario" dei bimbi per la cattura degli insetti molesti e la pulizia delle strade…E il lavoro part-time che molte mamme intraprendono per offrire il proprio contributo in questi tempi di crisi… e che termina alle 18:00? ^__^'''P.S. ovviamente questo mio messaggio non vuole essere una critica alla società giapponese, che è quanto mai varia e sta attraversando (soprattutto nell'ultimo decennio) un profondo mutamento, ma semplicemente un elenco di usanze che in Italia dubito attecchirebbero… ^__^Emi
Ah, dimenticavo un dettaglio che, quando lo appresi, trovai un po' paradossale: le scuole elementari formalmente iniziano quasi un anno dopo rispetto a quelle italiane. L'anno scolastico comincia nell'aprile dell'anno in cui si compiono sette anni, mentre i bimbi italiani entrano in classe già dal settembre precedente.Elementari: 7-12 anniMedie inferiori: 13-15 anniLiceo: 16-18 (dopo aver superato uno dei famigerati test di ingresso… ma questa è un'altra storia)sempre Emi
ARTU'Alc une cose che volevo dire sono già state dette prima di me. Quindi non mi resta che fare una considerazione. In quella particolare classe di famiglie costituita da quelle in cui i due genitori lavorano, lo sfruttamento dei minori inizia sin dal settimo anno di età, anche se è molto diverso dallo sfruttamento dei bambini nelle aziende inglesi del'700 e oltre.Ma dove inizia lo sfruttamento di minore e cessa l'insegnamento di operazioni che serviranno ai piccoli per tutta la vita ? L'insegnamento nelle Ferriere inglesi de '700 ai bambini è fuori di qualunque ragionamento o arrampicata sugli specchi da parte di schiavisti bianchi.Certo farsi da mangiare, e giacchè si è lì, anche per i genitori che escono la mattina alle 8 e rientrano alle 9 di sera, rientra, secondo voi nel, sfruttamento o nella normale erudizione dei pupi giapponesi utile per tutto il resto della loro vita ?Cosa ne pensate ????Se volete parliamoneCordiali salutiartù
Gentile Artù, forse più che di "sfruttamento minorile" parlerei di "precoce assunzione di responsabilità". L'idea è che tutti debbano fare la propria parte, anche i bambini, ed in effetti se i genitori tornano a casa molto tardi e sono entrambi distrutti dalla fatica il bambino non ha altra scelta se non quella di offrire un suo contributo alla vita familiare cucinando e dividendo la spazzatura in base ai giorni di raccolta dei vari materiali (!). Però perché la permanenza ad oltranza in ufficio è incoraggiata a prescindere dalla reale utilità? Perché una donna pagata (sempre meno di un collega maschio) per cinque ore di lavoro si deve sentire moralmente obbligata a svolgerne altre tre, o il tipico salaryman nipponico (figura in lenta estinzione) deve restare in ufficio, magari a giocare a tetris o a navigare in rete (mi è stato raccontato) ben oltre il proprio orario per poi andare ad ubriacarsi con i colleghi fino alle due di notte, solo al fine di dimostrare il proprio attaccamento all'azienda? In questo caso l'adempimento al proprio dovere diventa pura formalità, e l'assunzione di responsabilità (anche superiori a quelle che un occidentale considererebbe proprie dell'età) non si traduce in una reale "responsabilizzazione" dell'individuo, ma nella mera esecuzione di dettami sociali priva di un'interiorizzazione del principio morale che è alla base (aiuta i tuoi genitori se sono stanchi, pulisci dove hai sporcato eccetera). E infatti non di rado gli studentelli che escono da scuola (o dai vari circoli scolastici sportivi/culturali pomeridiani… a partecipazione "volontaria") dopo aver pulito la propria aula da cima a fondo si sfogano lordando le strade dove stanno per passare gli efficientissimi e onnipresenti spazzini…Emi
.. poche mamme lavorano, "costa troppo" essere sostituite nella cura dei figli. pero' gli asili nido tengono i bambini fino alle 18 (prolungamento alle 20 e il sabato a richiesta): ovviamente le mamme non hanno i nostri sensi di colpa..
Non conosco i giapponesi, non conosco la società giapponese, ma ho lavorato per molti anni, fatto diversi lavori, passata attraverso diverse bufere, conosciuto molta gente. Durante uno degli ultimi lavori ho conosciuto una ragazza salvadoregna, che mi ha confidato di lasciare i suoi due bambini a casa mentre lei lavora, quello di 7 anni tiene d'occhio il più piccolo, 5 anni…stanno entrambi in una stanza chiusa con la televisione accesa ed i loro giochi preferiti a disposizione.
Io in quel periodo mi sentivo male invece perchè mio figlio di 12 anni era costretto a stare a casa da solo, tornare a casa da scuola da solo, ma non perchè avessi una concezione diversa dell'età accettabile per fare queste cose, ma perchè non potevo fare altrimentiCi sono tante donne che non hanno nonni, babysitter parenti amici nidi, strutture a cui lasciare i figli… con stipendi troppo miseri per poter anche solo lontanamente progettare un'alternativa …..Forse, alle volte, non è neppure questo , studiavo Medicina anni fa, conoscevo donne che lavoravano ed avevano figli piccoli a casa, da soli, donne che facevano le notti in ospedale, i cui figli andavano a casa e preparavano la cena per il padre che arrivava dopo di loro; …è che io amo pensare che l'infanzia dovrebbe durare di più, moltissimo, accompagnare gli adulti, dare un senso alla loro fatica, essere più lenta e felice ed accompagnarci poi come un meraviglioso ricordo, una coperta calda che ci renderà sorridenti e saggi.Lara
Penna e forchettaSenza andare fino in Giappone, ricordo che quando ero piccolina avevamo come vicino di casa un bambino che viveva solo con sua madre.Alle elementari (non ricordo se già a 7 anni, ma comunque….) tornava a casa da solo, si faceva da mangiare e pulivaDato che eravamo una famiglia numerosa e mia madre adorava i bambini è stato presto inglobato nella nostra famiglia.Però ricordo che lui comunque cercava di "sdebitarsi" dell'ospitalità preparando il caffè o sparecchiando senza che nessuno di noi gli chiedesse nulla.Ora, che sono madre a mia volta, non lascerei MAI in casa i miei figli (13 e 5 anni) da soli. Non è che non mi fidi… è che li conosco :-DDDAltro che farsi da mangiare e pulire: assalto alla dispensa nella ricerca della tavoletta di cioccolato perduta e cartoni animati fino allo sfinimento. E per quanto riguarda aiutare in casa…..lasciamo perdere.Mi domando: sono i bambini che sono cambiati o sono cambiati i genitori?
Vorrei solo dire, nell'anonimato più puro, che io a 6 anni, prima elementare, tornavo a casa da scuola a piedi e da sola. E che una volta a casa badavo al mio fratellino di un anno. Così quando ne avevo sette potevo tornare a casa a piedi ancora meglio, e badare al mio fratellino di due. E così via. Ho 28 anni e vivo in Francia, mio fratello ha 22 anni, sta benissimo e i miei tuttora lavorano tutto il giorno. E stiamo benissimo e ci amiamo tutti.
Anche io sono molto combattuta sul fatto di lasciare i bambini da soli. Un po' manca quella rete sociale che tranquillizzava le nostre mamme, per cui in caso di necessità andavi a bussare dalla vicina di casa, un po' è cresciuta molto l'ansia di controllo (i cellulari non aiutano) quindi devi sempre sapere dove sono, cosa fanno. C'è meno fiducia nella vita, nelle persone. Per questo da giugno abbiamo deciso di andare a vivere in un condominio solidale. speriamo bene.un bacio a tutte Elena
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Io avevo le chiavi di casa a 9 anni e prendevo l'autobus da sola, andavo a scuola e il pomeriggio a lezione di violino con mio fratello, di 7 anni. Non ho subito alcun trauma. Però le pulizie in casa non le facevo ;-)Per quanto riguarda il Giappone confermo: ho un'amica che ha insegnato inglese ai bambini di 4 anni per 1 anno scolastico e dice che dopo il pranzo i bimbi lavano i piatti e poi puliscono il pavimento, ognuno con il suo straccetto e il suo pezzo di corridoio assegnato. Paese che vai…
Quello che più mi ha colpito sia della storia di Nanami sia degli approfondimenti di Emi è che tutto questo accade in uno dei cosiddetti paesi ad alto reddito pro-capite: uno stile di vita dunque dettato dalla cultura e non dalla necessità. Mi fa un pò impressione e comunque non mi piace.
Io ed il Mau a Tokyo ci siamo stat in viaggio di nozze, cinque anni fa.Capitava in effetti di vedere gruppi di ragazzini e ragazzine, rigorosamente in divisa, andare da soli in metropolitana e per le strade.Suppongo andassero e tornassero da scuola; sembravano comunque più grandi dei nostri settenni.Vedevamo altresì bambini piccolissimi ma sempre in compagnia di adulti e sono sicurissima di aver visto un nonno.Uno, in terra di Yokohama.Comunqe se fosse veramente come riferisce Nanami per la stragande maggioranza delle famiglie nipponcihe, capisco il perché di quella estrema disponibilità e gentilezza dei giapponesi ma al contempo mi spiego anche il perché di quei negozi di cinque piani pieni solo di videogiochi, fumetti Hentai e gadget sadomaso….Mimì-nel-mondo-dei-ricordi
molto interessanti tutti i commenti! Anche io credo che alla lunga come la 18 se altro non hai e non puoi…non resta che cercare con prudenza di responsabilizzarli sin da piccolini!!!anche io sarò una mamma che, se non mi accettano il tempo pieno, a 6/7 anni proverò a far andare mio figlio da solo alle elementare e tornare e farli trovare qualcosa da mangiare e aspettarmi fino a che non arrivo /15.30) e questo perchè alle elemntari mi dicono che finiscono alle 13.00 e addirittura in futuro la vorrano chiudere alle 12.30. certo facendo coì davvero costringono le mamme a licenziarsi, perchè io voglio vedere chi riesce a stare alle 12.30 davanti alla scuola dei propri figli!mancano assolutamnte le politiche familiari, avete vistio "presa diretta" "senza donne": mi ha colpito proprio uno che sosteneva che le donne è bene che non lavorino se no si sfasciano le famiglie!!!!!e' questa è la mentalità che sovrasta il nopstro amato Paese!!!!
Sono due settimane che ho avviato il seguente esperimento: mio figlio di 8,5 anni il mercoledi lo prelevo da scuola, gli consegno la merenda e scambio gli zaini e lui va in bici a calcio con il padre di un amichetto (campo in culo al mondo in macchina, ma fattibile in bici da casa dell'amichetto).Al ritorno il padre lo lascia sullo stradone che lui conosce, dove si fa due km. in bici, prende da solo il traghetto, si rifà altri 800 metri in bici e rientra a casa (previa telefonata padre amico così mi regolo e so quando allertare polizia, pompieri e guardia civile se ritarda).Lui ADORA questa forma di autonomia, io parto dal presupposto che quel percorso che fa da solo è assolutamente sicuro. Il pazzo o la disgrazia possono capitare anche con me accanto e sono imprevedibili, oltreché anche rari statisticamente come eventi. Ci stiamo procurando un telefonino scrauso per lui in modo da stare più tranquilla io.La qualità della vita mia e del piccolo, che finalmente può fare le sue cose invece di scarpinare e restare ad aspettare il fratello è aumentata enormemente. Quando il grande torna mi posso dedicare esclusivamente a lui per due ore, invece del solito stress di prima, affitta la macchina condivisa, prepara i panini, prendili, intrattienili un'ora e mezzo al freddo e al gelo senza andare all'Ikea come da loro richiesta sfinente, niente scarpinate avanti e indré (dal parcheggio al campo c'è un km.e mezzo) col piccolo che si rifuta perché stanco e va trascinato, niente stress del rientro che la macchina va riconsegnata in tempo e col traffico del pomeriggio non sai mai come va.Lui si fa quei bei 5 km. in bici, un passatempo sano ed economico, si sente grande e l'anno prossimo che si spostano in una scuola quasi dietro casa oltre alla bici e al telefonino gli dò le chiavi e io mi cerco un lavoro che il piatto piange.Avevo stabilito anche la regola che a 8 anni a casa nostra si impara a cucinare in modo che alla lunga ognuno un giorno alla settimana pensa agli altri, con il grande è fallito, con il piccolo inizia a funzionare, durerà altri 4 anni, lo so, ma vuoi mettere che se la sanno cavare da soli?Magari in una vita precedente ero giapponese, ma so anche, come è stato dtto, che la maggior parte dele donne in Giappone stanno casa a tener dietro agli orari di tutti, e quindi va bene così. Pure i miei lavoravano fuori casa 12 ore al giorno e io preferivo le volte che mi dovevo occupare di mio fratello alle volte in cui mia nonna si occupava di noi.Mammamsterdam
Una giapponese di un metro e ottanta????Va be, comunque io che non sono mai stata in giappone (chissà se riesco ad andarci prima o poi) Sono una fan dei manga e nei cartoni, è proprio così!!! I bambini sono autonomi, prima di adesso pensavo che fosse solo una licenza cartonale manga japanese, evidentemente invece rispecchia la realtà.Però scusa Elasti, tu un paio di anni fa ci sei stata o no!? Non ci hai fattomaicaso all amiriade di bambini soli che passaeggiava per le strade e sulle metropolitane?
La mia piccola è in terza elementare, tempo pieno con prolungamento fino alle 17.45 e baby sitter che la porta a casa o in giro per un'altra ora, poi finalmente arriviamo.Senso di colpa c'è sempre, è comunque una vita cittadina faticosa anche se cerco di alleviargliela in tutti i modi e in definitiva non sembra soffrirne troppo ma.. sono già preoccupata per la scuola media! Uscirà alle 14.00 e in qualche modo dovrò fare senza svenarmi… anche i miei lavoravano , ma eravamo in due (io e mia sorella) e, sinceramente, ne abbiamo fatta una più di Bertoldo… non è un pensiero rilassante, anche se ci è andata bene e siamo state fortunate…
Non so del Giappone odierno, ma, come altre hanno scritto , anche io, italiana ora quasi quarantenne, a 6 anni avevo le chiavi di casa. Rientravo prima di mia madre che lavorava e accendevo l'acqua per la pasta sotto la pentola che lei mi aveva preparato sui fornelli. A 8 anni scaldavo proprio tutto il pranzo o lo preparavo secondo quanto lei mi aveva chiesto di fare la mattina.Concordo con Artù, è stata un'ottima educazione all'indipendenza!E concordo con le altre… mia figlia oggi ha solo 2 anni, ma non so se a 6 la lascerei da sola in casa. Però ho, come minimo, intenzione di chiedere che il Comune si attivi per il Piedibus…Sorrisoni a tutta l'elastifamiglia!
Il passaggio elementari-medie è pesante: fino a giugno (5°elementare) ci sono (per i fortunati ovviamente) i servizi di tempo pieno e post scuola, e i bambini NON escono se non prelevati da genitori o da persone di fiducia. Dopo tre mesi, in prima media, i bambini sono sostanzialmente gli stessi ma alle 13,30 vengono letteralmente ''sbattuti fuori''. L'organizzazione si modifica necessariamente, a meno che non si sia provvisti di nonni volenterosi, a 10 anni (vedi mia figlia) devono imparare non solo a tornare a casa da soli, ma a farsi da mangiare (o a scaldare il pasto già pronto) e a stare da soli in casa per almeno 3-4 ore. Succedeva anche a noi 30 anni fa, magari, ma questa generazione ha molte meno difese e molta meno autonomia, secondo me, soprattutto nelle grandi città.Median
la mia conoscenza del giappone viene dai manga e posso dirti che per loro è normale delegare più responsabilità ai bambini, le scuole stesse sono più competitive dalle nostre a partire dalle elementari e vi si insegnano assai più rigore e rispetto di quanto non si faccia in italia. i bambini non solo a casa sbrigano le faccende domestiche ma se non erro fanno anche a turni per mantenere pulite la scuola e le classi. Non credo esista un modo giusto di comportarsi credo che in ogni stato si sia fatta di necessità virtù, in altro caso nessuno potrebbe più fare figli perchè in questo periodo due stipendi sono necessari ovunque
ciao a tutti. Io e mia sorella tornavamo dalla scuola elementare da sole con l’autobus (lei 10 anni, io 6)e a casa apparecchiavamo la tavola e iniziavamo a preparare la pasta in attesa di nostra mamma. Abbiamo sempre aiutato in casa dopo lo studio e i compiti, ma non ci è mai mancato il tempo per giocare e divertirci. Mio figlio che ora ha 12 anni, va e torna da scuola da solo da quando aveva 9 anni. Quando non c’è scuola e anche qualche pomeriggio in cui io sono in ufficio, lui resta a casa da solo a fare i compiti e gli esercizi di musica (suona violino). Naturalmente gioca e vede anche gli amici. C’è voluto un po’ di tempo e tanta pazienza ad insegnargli e naturalmente a me i sensi di colpa non sono passati del tutto, ma credo che sia doveroso da parte di noi genitori, insegnare ai propri figli a diventare responsabili e indipendenti. Ma non mi piace il sistema giapponese. Su Ventiquattro di settembre, magazine mensile del Sole 24 ore, c’è un articolo sugli orari di lavoro massacranti delle donne in giappone.
Fino a pochi anni fa nei paesi italiani funzionava in gran parte così, certo in città era già molto più difficile. Io e mio fratello il pomeriggio eravamo spesso soli in casa e ci facevamo il caffelattè o il tè da soli!! mia mamma aiutava nei campi e se non voleavo stare lì con lei stavamo a casa o giocavamo fuori da soli, con altri bimbi come noi. Andavamo in paese con la bici (1 km) all'oratorio o da qualche amico, e anche a fare la spesa. Ora lo so, sarebbe impossibile anche lì. Abbiamo mille e una paura, tempo fa la rete sociale della comunità era vera, ora è difficile organizzarsi con + mamme per palestra o calcio. se va bene si trova un altra famiglia nella stessa situazione e ci si aiuta come si può. Anche io ho passato tante ora davanti alla tv, ma c'era solo bim bum bam! Io da mamma ora non mi fido della gente, non dei miei figli!! E comunque concordo con #25: come farò l'anno prossimo ad essere alle 12.30 davanti le elementari o comunque alla fermata del pulmino?? è veramente uno scempio sociale!
La mia esperienza personale vi sembrerà "antica"… ma è ciò che io posso testimoniare.Quando la mia sorella maggiore aveva 8 anni e mezzo si è ammalata di diabete. Si era d'estate e la mamma era incinta di me.Al rientro a scuola, quarta elementare, mia sorella andò in coma diabetico e le maestre consigliarono ai miei genitori di tenerla a casa per non creare problemi agli altri bambini e a loro stesse…Così mia sorella non andò più a scuola e rimase a casa dove, per aiutare la famiglia, allevò le 3 sorelle minori: una di 3 anni, una di 2 e una appena nata… e faceva tutti i lavori di casa, cucinava, curava tutti ed era sempre felice.Ogni tanto andava in coma e, al risveglio, ci diceva che ci sentiva e che stava bene quando riuscivamo a non farci prendere dalla paura…Era il 1956… Tanto tempo fa.ma forse per alcuni bambini, in caso di necessità o di difficoltà della famiglia, accade ancora che i piccoli "contribuiscano" tanto quanto i grandi.Un saluto a tutte, Kaishe
Marito giapponese moglie italiana, 37 anni lui, 35 lei. Entrambi laureati, specializzati, ecc. Dopo il matrimonio hanno deciso di continuare a vivere in Giappone dove lei, laureata in lingue orientali, si era ben ambientata. Dopo la nascita della loro bimba lei ha smesso di lavorare (tutto il giorno dietro ad una capa che la spediva settimanalmente da un capo all'altro del Paese e anche in Cina). Lui top manager, fuori casa 14 ore al giorno, sveglia prima dell'alba per telefonare al suo capo per svegliarlo!!!! Dopo il lavoro "obbligato" a bere con i colleghi fino a notte fonda, ecc.Dopo un paio d'anni hanno deciso (soprattutto lui) trasferirsi in Italia!! Lei sta cercando lavoro, lui fa l'imbianchino. Ma la sera quando torna a casa porta a spasso la sua bimba in bici e va a scuola di italiano!CIAOMogliemammalavoratricebibliotecariacasalinga
…la realtà raccontata da nanami è la stessa di 50-60 anni fa in Italia. In ogni casa signorile c'era almeno una servetta di sette-otto anni a cui venivano affidati i compiti più umili e, non di rado, pesanti. Ricordo una di queste bambine a casa di una mia amica ricca: si chiamava Sara (proprio come la piccola principessa del romanzo per bambini), aveva otto anni e portava uno scialletto sulle spalle. Tra le varie mansioni aveva quelle di portare la legna dalla cantina al "soggiorno del caminetto" e di pelare le patate. Queste sguattere bambine venivano prese nelle campagne, da famiglie poverissime che erano ben contente di allegerirsi di una bocca da sfamare. Non stiamo parlando del tempo dei sumeri, ma di meno di cento anni fa. Per quanto riguarda i bambini lasciati soli al pomeriggio, anche stavolta non occorre andare in Giappone: basta girare per le case popolari di Milano per endersi conto di quanti piccoli una volta usciti da scuola tornano in una casa vuota e lì ci rimangono, in perfetta solitudine (o, nei casi migliori in compagnia di un fratellino) fino a sera. Laura
confermo, nelle città almeno è così, forse il discorso cambia nelle campagne.è con questo modello industriale che dobbiamo competere?noi europei con la settimana corta, i permessi, la maternità, gli straordinari misurati….sto riflettendo in questi giorni su questo, osservando i ritmi di lavoro dei miei vicini cinesi…nn si fermano mai. nn c'è vacanza, nn c'è domenica. noi siamo in cassa integrazione loro scoppiano di lavoro.che cosa dobbiamo ridiscutere? i diritti acquistati con tanta fatica? una qualità di vita (di cui peraltro ci lamentiamo lo stesso?)mi piacerebbe avere le risposte, credo che piacerebbe a tutti
sono stata in viaggio di nozze in giappione l'anno scorso e devo dire che Nanami ha ragione!!non so come si comportino i bimbi a casa ma noi abbiamo visto bambini prendere da soli la metropolitana anche alle sette di sera..con indosso ancora la divisa scolastica!!! tutto questo a Tokyo (11 milioni di abitanti e 20 linee delle metropolitana)a Kyoto invece abbiamo scoperto che la domenica e i giorni festivi si utilizzano per le attività sportive scolastiche o le visite culturali ….sia mai che si perda un giorno di lezione!!il giappone è un paese molto sicuro dal punto di vista della microcriminalità (che praticamente non esiste) ma sono davvero un popolo strano…Chiara
probabilmente sono solo cambiati i tempi…anche mia mamma lavorava e io e mia sorella tornavamo a casa da sole e ci scaldavamo il pranzo che mia mamma cucinava alle 6 del mattino prima di andare a lavoro.e a 6 anni avevo le chiavi di casa.però avevamo la vicina che ogni tanto ci controllava…non so se ora riuscirei a fare lo stesso con i miei futuri figli. si sentono così tante cose brutte e l'ansia prende il sopravvento.ciao vale
Ciao Elasti, non conosco la realtà nipponica, ma conosco quella russa. in giugno sono stata in una città industriale (che conta poco meno di 400.000 abitanti), a circa 800 km da Mosca. La mia amica, che lavora a tempo pieno dato che da loro il part time non esiste, ha una bambina di sette anni che ha appena iniziato la scuola elementare. la scuola termina a volte alle 16.00, ma a volte alle 12.00, mentre la mia collega finisce di lavorare alle 18.00, e arriva a casa una mezz'ora più tardi. i nonni paterni lavorano entrambi, quelli materni vivono lontano. la bambina ogni giorno prende il bus da sola per rientrare a casa, e una volta arrivata a casa aspetta i genitori per un paio d'ore o più. quando me l'ha raccontato io ero allibita, ma lei mi ha detto che lì è assolutamente normale. ciao! ingeborgz.
Mi sembra strano che molte si siano scandalizzate del fatto che dei bambini dai sette anni in poi possano stare a casa da soli. Certo, se fosse possibile fare altrimenti, sarebbe molto meglio che in casa ci fosse un adulto (che li segua però, non che li sbatta davanti alla tele intanto che fa i mestieri di casa). Ma personalmente trovo che sia ancora più stancante per un bambino stare a scuola magari fino alle 17.30 (post scuola), oppure, peggio ancora, essere sbattuto al nido per otto ore di seguito (se non per più ore) a pochi mesi di vita.
e i bambini dai sette in giù????????
so che farò inorridire molti: a dieci anni quando perdevo il pulmino per andare a scuola (si trovava fuori zona) prendevo un autobus e una metro a Milano e ci andavo da sola. parlo di 30 anni fa. mi guardavano tutti cercando di capire se l'adulto che mi accompagnava era seduto o in qualche altro angolo della carrozza (tra l'altro ne dimostravo anche meno, di anni perchè ero molto minuta allora). se per questo noi giocavamo anche per strada con le biglie sui tombini. ora però io non lo farei fare ai miei figli. ma responsabilizzare i bambini ha un preciso valore educativo drcondo me, che poi ti porti dietro sempre e non è una cosa negativa in sè. sono comunque discorsi molto vasti che coinvolgono l'organizzazione sociale ed economica di un'intera società, la visione culturale ecc.
Seconda elementare, nel 1980: tornavo a casa da sola (c'erano solo due strade da attraversare però! Avevo le chiavi di casa e apparecchiavo. I miei arrivavano dopo un'ora, prendevano il fratellino dall'asilo.La decisione dei miei fu molto combattuta, perchè avevano paura che "qualcuno se ne accorgesse" e mi rubasse le chiavi…Far di necessità virtù…bacioni!Alessandra (e giulietto, due anni tra una settimana!)
Anche io aggiungo il mio commento a quello di chi è stata abituata a gestire da sola chiavi di casa e tempo (io dal secondo anno di elementari)e lo ricordo come un periodo molto sereno. A scuola a piedi con altri bimbi anche loro autonomi, di ritorno dal tempo pieno merenda (l'orgoglio di prepararmi il te, ancora lo ricordo), compiti e gioco, spesso fuori. Ho sempre aiutato secondo le mie capacità sia nei lavori di casa che nella spesa e questo non ha tolto nulla al sentirmi bambina, devo dire che i miei sono stati intelligenti e molto graduali in questo.E' doveroso però dire che io sono cresciuta in una città più piccola delle varie Milano o Roma, dove forse c'erano altrettanti bambini in autogestione, ma meno libertà di scorazzare.Se avessi figli di quell'età però ora, nonostante la mia ottima esperienza non riuscirei a lasciarli soli come faceva mamma con me, avrei davvero paura del tratto scuola-casa e di chiunque suoni alla porta, non è triste?Manu
In medio stat virtus (non mi ricordo se si scrive così ma rende l'idea).I nostri sono un pò troppo viziati e i giapponesini un pò troppo forzatamente emancipati direi.Lasciamo l'infanzia ai nostri bambini ma insegnamo loro anche a camminare da soli o non avranno più sogni e desideri e addio società migliore. Lo so, più facile a dirsi che a farsi.Kira The Cat
Dunque nelli miei viaggi in Germania ho fatto amicizia con un sacco di giapponesi – e il quadro qui di nanami combacia – anche quello di emi, giacchè è uno dei popoli più maschilisti dell'universo mondo.L'esito comunque di questa educazione alla responsabilità e al contributo collettivo è un modo di campare che proprio mi risulta lontano. In molto qui facevano il paragone con l'Italia di tanti anni fa – ma c'è una differenza nel modo in cui i bambini da noi facevano queste cose in casa, e il modo con cui sono così precocemente responsabili in giappone. In giappone a scuola e ovunque c'è una schiacciante retorica del dovere verso la collettività e verso lo stato. C'è una formattazione massiva delle persone improntata al sacrificio e che spesso svaluta il privato ( e con il privato le donne che ve lo dico a fa') i bambini che sono diligentissimi a sette anni diventano adulti molto competenti e affidabili sul lavoro – ma che fanno tipo dieci giorni di ferie all'anno, che passano le feste più importanti con il capoufficio, a cui spesso l'azienda regola la vita in maniera capillare – scegliendo e arredando le loro case, e succhiando ogni forma di tempo libero. Insomma – è difficile essere dei soggetti, in senso di liberi di originalmente interpretanti, in GIappone. Ci si riesce – ci sono tante persone in gamba – ma bisogna essere titanici.
mammamsterdam, fai benissimo, tanto più che in olanda è normale andare in bici con qualsiasi tempo atmosferico e ci sono le piste ciclabili. Hai tutta la mia approvazione (e invidia, visto che qui in italia la situazione è ben diversa e le mamme hanno paura a fare uscire i bimbi se solo piove un pochino).per quanto riguarda i bimbi: in inglese si parla di latchkey kids:http://en.wikipedia.org/wiki/Latchkey_kid
credo anche io che – anche se con maggiore grano salis – alcune di queste abitudini fossero presenti in un'italia più antica. io ho iniziato ad avere le chiavi di casa alle elementari, a milano, uscivo da sola e andavo a fare la spesa (oppure a giocare in strada, pattinando). sempre intorno alla terza elementare iniziai a cucinare abitualmente (cose semplici, è ovvio): la mia mamma lavorava al pomeriggio e ricordo che cominciò come gioco e sorpresa per lei (facciamole trovare pronto quando torna!) e finì in amore culinario imperituro e buona, buonissima abitudine. la scuola era lontana (tre fermate di metro) e quindi da sola iniziai soprattutto a tornarci quando facevo la prima media (eravamo un gruppetto, e scendevamo dal metro a scaglioni). ma indubbiamente il fatto che fossi già abituata a girare per il quartiere facendo le commissioni rese tutto questo non una dolorosa necessità ma una orgogliosa soddisfazione perché venivo giudicata degna di fiducia.non so se le farei con i miei figli, se ne avessi, ora. so però di essere molto grata a quel modello educativo, e che, quando vedo le figlie (piccole) dell'amica collega che per necessità hanno imparato a essere autonome nella piccola città, trovo che siano tra le bimbe più simpatiche, socievoli, divertenti e, sì, ancora bambine, che abbia mai incontrato.
#27 hai svelato il segreto di #5 :-)Non mi interessano molto le abitudini degli altri stati se non per imparare cosa di buono si può fare nella vita, e quella giapponese non mi sembra un buon esempio, gli stili di vita vanno contestualizzati nell'ambiente ove si vive non possono essere importati a pacchetto chiuso.A tutti gli italiani che lasciano i figli da soli, e purtroppo sono tanti, ricordo che stanno commettendo un reato penale 591 punito con la reclusione dai 6mesi ai 5anni, e per chi stà brontolando sì è abbandono anche se lo lasci in macchina per mettere via il carrello della spesa o se resta in casa solo mezz'ora mentre siete fuori, o se torna a casa da solo in bicicletta; tutto ciò fino ai 15 ANNI.Non voglio stare qui ad elencarvi tutte le schifezze e pericoli che incontrano in questi momenti, e vi posso assicurare per esperienza diretta che non sono solo racconti fantasiosi.Per il resto è capitato anche a me di passare per paesini in svizzera con i bambini di 6 anni che riaccompagnavano a casa dall'asilo (o quello che hanno loro) quelli di 3-4 facendogli anche attraversare la strada e senza l'ombra di un adulto in giro, ma era in svizzera e non in italia e se marciavi a più di 51Km/orari ti sentivi una schifezza dentro.Altri posti belli del nostro mondo da cui imparare; siamo una "razza intelligente" dicono, dimostriamolo.Eclipses