Nonsolomamma

familiarità

l’odore del legno, degli acari della moquette, del tè nella dispensa, del sapone rosa in bagno, dell’interno dei cassetti. l’immondo contenitore del compost che quando lo apri è un film dell’orrore. gli interruttori delle luci che non funzionano. le stanzine armadio che averle in italia sarebbe bellissimo. il rumore delle assi di legno quando ci si cammina sopra a piedi nudi. il caldo torrido, insopportabile, umido e soffocante. ma li porteranno fuori i bambini? è mai possibile che in questo paese il tempo faccia sempre schifo? o freddissimo che si gela l’acqua nelle tubature o bollente che si annaspa? la bicicletta gialla. ah no, la bici gialla non c’è più. perché? l’hanno divorata gli scoiattoli. come? gli scoiattoli hanno mangiato una bicicletta? già. comunque ce ne è un’altra ma non è gialla. sarà perfetta, purché non venga attaccata dagli scoiattoli.
scrivere la mattina da casa, con il ventilatore sulle gambe perché il condizionatore è troppo piccolo e non basta. e mister i nell’altra stanza che lavora pure lui. e poi ogni tanto un incontro davanti a un caffè, due chiacchiere, una battuta, la rara intimità della solitudine. gli sporadici e laconici messaggi dei figli al campo. “come stai?” “bene?” “ti diverti?” “sì” “che mi racconti?” “ho una formica su un braccio”.
e poi, fuori, una natura ipertrofica e spettacolare, così verde da fare male agli occhi.
le persone che ti chiedono come stai, sempre, ma se non rispondi sono contente uguali perché è una domanda così, tanto per salutare.
i cereali al gusto banana, il forno rovente con la fiammella pilota che quando c’è vento si spegne e speriamo di non saltare in aria con il gas, il frigorifero così profondo che ogni tanto si mangia il formaggio o una pesca o il latte. no, il latte no perché si vende in bottiglie da quasi quattro litri che chiamano galloni.
i tempi lenti, la routine, le zecche che si attaccano alla pelle e bisogna controllare che non abbiano aggredito sneddu. il posto dei pancake, quello dei giochi di società, quello dei donuts, la clinica universitaria e speriamo di non averne bisogno, la biblioteca, il supermercato per i ricchi e quello per i poveri, la casa di emily dickinson, il cimitero antico che qui antico vuol dire vecchio cent’anni, il piacere di essere tornati, ancora, dopo tanti anni, in questo luogo ipnotico e uguale a se stesso.
strano considerare casa un posto così lontano. bizzarro avere voglia, bisogno di rivederlo ogni anno. la città di A in massachusetts dà dipendenza.

14 pensieri riguardo “familiarità

  1. È piacevole farsi sorprendere da una familiarità che ogni volta si dimentica.
    Pensa che io vivo in due posti così diversi che ogni volta ho la nostalgia a elastico, c’è il posto preferito che si sogna e si sospira e non delude quasi in niente, e il posto che si deve, che è americano e col tempo faticoso, ma a tornarci ha comunque il suo odore e le sue memorie di imprese. Che poi alla fine ci si affeziona allo sfondo dei propri ricordi, e oramai si può avere nostalgia anche di quello.

  2. Io non riuscirei a considerare casa un luogo in cui il tempo fa sempre schifo e le zecche si attaccano alle braccia.
    Ma…. cercare un posto migliore ?

  3. Quasi una doppia vita: una con le sveglie notturne, tre figli e un marito part time, e questa con il figlio unico, un lavoro “di giorno” e mister i sempre presente (zecche, scoiattoli con le tenaglie al posto dei denti ecc… ma immagino che anche Milano abbia i suoi mostriciattoli). Io so che non ce la farei, però invidio queste routine così diverse, sperimentarsi in altri modi, e mondi, non può che fare bene, oltre ad essere divertente 😉

  4. M hai fatto rivivere momenti passati….
    Oramai son passati più di 15 anni, ma anche io ho vissuto per qualche mese immersa nella vita quotidiana degli states, ad Athens in Georgia, in compagnia del mio fidanzato, ora marito, durante un suo dottorato di ricerca.
    Sono rimasti indelebili certi ricordi… La prima strana sensazione e’ stata, arrivando di sera/notte, immersa nel buio dell’appartamento, di sentirmi come dentro ad un film poliziesco americano… Con le sirene delle polizia dispiegate, le finestre in stile inglese, e la moquette sopra ad un pavimento, appunto, scricchiolante. La mattina mi son svegliata notando incredula, in pieno centro abitato del paese, che sugli alberi c’erano tanti scoiattoli quanto uccellini.
    E poi a venire tutte le esperienze di vita quotidiana, che mi rimarranno per sempre indelebili.
    Nei supermercati, immensi, trovare corsie intere (o quasi ) dedicate a vari tipi di cereali (quelli alla banana pure!!! La mia attuale ricetta del banana-bread viene da una di quelle scatole!! :).. E poi le “mini tempeste” nel reparto dell’orto-frutta, con tanto di tuoni (e a seguito acqua vaporizzata per tenere in fresco le verdure) e l’angolo con la frutta un po’ troppo matura a metà prezzo (quanti ottimi cachi mangiati al punto giusto con qs sistema 😛 )
    E il latte finalmente in un contenitore degno del suo nome. Come ero felice di del mio gallone. 🙂
    E cercare l’acqua che fosse bevibile… Introvabile. Tamponando inizialmente con del succo d’arancia… ma poi ci siamo rassegnati a bere la meno peggio d’acqua… molto somigliante a quella distillata!
    L’omino che aiutava ad incartare la spesa (plastic or paper?) quando appunto andavi nei supermercati per ricchi… (dove trovavi pure le castagne a non so quanti dollari al kg). E quando ti capitava di prendere il vino, ritrovarsi la cassiera a nasconderlo in un sacchetto d carta singolo…
    Per strada ognuno che dava il buongiorno e la buona sera… ad ogni incrocio di sguardo. I giornali lanciati dentro il sacchetto nei giardini aperti delle case, lo scuola bus con il cartello di stop che scendeva, gli anziani a far chiacchere nei centri commerciali, unico punto di ritrovo (quanto siamo diventati simili a loro in qs anni….)
    Potrei continuare…
    Quanto mi manca…

  5. Aspetta… qs pero la devo dire: la “vecchina” quasi ottantenne che ha ospitato i primi tempi mio marito, prima che arrivassi io, affittandogli una stanza (e che poi non ci ha voluto insieme perché non eravamo sposati… :/ piccolo dettaglio, lei viveva sola, ma veniva da tante passate separazioni “Perché non si possono mettere al mondo figli bastardi” :/ )… Ecco, lei scarrozzava mio marito quando ancora non aveva la macchina (acquistata poi per pochi migliaia di dollari da un collega semplicemente con scrittura privata e registrandosi una nuova targa ), e lo portava in chiesa, dove faceva donazioni staccando assegni… Girava con la tazza fissa del caffè in macchina e lavava il cane in cucina, dove poco dopo mio marito poi preparava la cena 🙂
    E il conto l’aperto in banca senza nessun problema (roba che qua ci vogliono i santi se vieni dall’estero) e la cassiera della banca che ti chiedeva con che disegno di sfondo volevi gli assegni, se con topolino oppure un arcobaleno :)))
    Che ricordi

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.