Nonsolomamma

gender issues part 2

al campo estivo naturalista della città di A, da quest’anno, ogni mattina i bambini dai 5 agli 11 anni, suddivisi, a seconda dell’età, in young naturalist, nature explorers ed eco-investigator, si siedono in cerchio e a ognuno viene chiesto con quale pronome preferisce essere chiamato, scegliendo in un insieme che comprende i tradizionali he (lui), she (lei), ma anche they (loro) e altri di recente invenzione (aeziexeper etc) che dovrebbero coprire una gamma più esaustiva ed includente dell’identità di genere.
questa pratica quotidianamente reiterata (nel caso in cui qualcuno cambiasse idea da un giorno all’altro), di certo meritoria nelle intenzioni ma forse un po’ estrema nell’applicazione, innesca inevitabilmente riflessioni, autocoscienza e interrogativi non solo negli sprovveduti adulti europei ma anche, talvolta, nei ragazzini, americani e non.

ieri nella classe dei piccoli, un junior counselor o aiuto educatore, aveva una giacca a vento con un cappuccio a fiori calato sulla testa.
“perché hai i fiori in testa? sei una femmina?» gli ha domandato un bambino (“praticamente un nazista”, secondo la definizione del sempre misurato hobbit di mezzo).
l’aiuto educatore dodicenne lo ha guardato perplesso e poi ha dichiarato: “se la tua mascolinità viene messa in discussione da qualche fiore su un cappuccio, direi che hai problemi piuttosto gravi da risolvere con te stesso”.
il cinquenne, o giovane nazista che dir si voglia, non ha replicato.

“mamma, se io ero nato femmina”, ha domandato ieri sera, mentre si lavava i denti, lo hobbit piccolo.
“se io FOSSI nato femmina”
“ok. va be’. c’erano delle cose che tu non mi avresti fatto fare e che invece da maschio posso fare?”
“ci SAREBBERO STATE cose che io ti avrei proibito e che invece, essendo tu maschio, ti sono permesse?”
“eh. quello”
“no”
“pensaci bene, mamma. nessuna nessuna?”
“no. nessuna nessuna”.
nemmeno sneddu ha replicato. ma sembrava contento.

26 pensieri riguardo “gender issues part 2

  1. Ciao,
    voglio sperare che tu abbia “rivisitato” anche la prima affermazione dello Junior conseilor… “se la tua mascolinità viene messa in discussione da….”
    È una bella risposta secca,determinata e ben formulata.
    Sempre idee chiare l’hobbit di mezzo.

      1. Perché come dicevo nel post precedente non condivido affatto l’approccio che viene portato avanti e perseguito, a quanto pare, con la delicatezza di un bulldozer. Educare alla diversità è altra cosa e si può fare in modo ben più rilassato e soprattutto senza estremismi.

  2. Qui si chiamerebbero aò uno con l’altro e il problema sarebbe risolto. E comunque se gli statunitensi si accalorassero al problema della diffusione delle armi tanto quanto al problema di genere, magari avrebbero ben altri problemi di meno

    1. O al diritto a essere educati e curati gratuitamente, pure. I diritti individuali sono infinitamente meno complessi da gestire per il bilancio di uno Stato dei diritti sociali.

  3. Credo che abbiano un approccio pedagogico un po’ estremo ma l’intenzione mi sembra quella di educare alla “ normalità della diversità” e alla libera riflessione su di se, e onestamente mi sembrano due cose sane e importanti da insegnare ai bambini .

  4. E con questa risposta data al piccolo nazista credo si possa definitivamente cancellare l’affermazione “underwhelming” dal personal action plan dell’hobbit di mezzo!

  5. -Quindi si sono inventati un sacco di sfumature di generi e pronomi in mezzo ai classici “femmina” e “maschio” ma ancora non hanno eradicato lo stereotipo dei fiori solo per le femmine?
    -Io ho un maschietto e se fosse nato femmina,, a onor del vero, una cosa gliel’avrei impedito di fare: pipì in piedi…. Per il resto, uguale ( incluso l’uso del congiuntivo)

  6. le femmine non potranno fare la pipì in piedi ma hanno diritto (parliamo di bambini) di farla in giro tanto quanto i maschi… ancora ricordo da piccola il supplizio dei bagni pubblici, in cui era vietatissimo appoggiarsi… mentre gli amichetti se la cavavano in un igienico campo…

  7. io penso che la delicatezza sarebbe offrire ai bambini un panorama sulle varie possibilità di modi di essere senza chiedere loro subito dove vogliono collocarsi… è così importante che ce lo dicano? La violazione della loro identità sta in un pronome? Boh. Riflettevo comunque sul fatto che in italiano il neutro non esiste e tutti i sostantivi sono maschili o femminili, mentre in inglese effettivamente solo le persone o gli animali domestici sono individuati col genere quindi può essere che per loro si percepisca di più questa distinzione… pensare che ai miei figlioli – a proposito di nazismo grammaticale – correggo il pronome “gli” con “le” se parlando si stanno riferendo a una femmina!!
    Comunque io da bambina e da girl scout pipì nei campi e nei boschi l’ho fatta eccome, ma non in piedi… basta stare attente che non ci siano ortiche.

    1. E a non farsela sugli scarponi, complice la pendenza del sentiero 😀
      Come dice Giulia, io mi riferivo ai bagni pubblici, in cui le bambine dovevano – e devono – accovacciarsi in posizione scomodissima con l’imperativo di non dover sfiorare nemmeno l’asse del water!

  8. Doversi classificare a quella età (ma dopotutto anche da grandi) lo trovo molto violento … sarò e potrò essere un po’ quello che mi pare? Lo devo comunicare per forza a qualcuno? ne devo per forza discutere con il gruppo? e se cambio idea lo devo dire???
    Non basterebbe insegnare ai bambini il rispetto e l’educazione verso tutto e tutti, persone in generale, animali in generale, natura, cose altrui e cose proprie?
    Questa ricerca di modernità mentale a tutti i costi la trovo molto in realtà ristretta…

    1. Profondamente d’accordo.
      Insegnamo “il rispetto e l’educazione verso tutto e tutti, persone in generale, animali in generale, natura, cose altrui e cose proprie”, vedrete che tutto il resto verrà in automatico, senza strane catalogazioni di genere o di appartenenza!

  9. ho una femmina e due maschi
    garantisco che quando da adolescenti iniziano ad uscire la sera la differenza di genere si sente eccome
    i miei sanno evitare le zone ‘difficili’ della città, abbiamo sempre parlato di tutto in casa e hanno una buona consapevolezza che li aiuta a prestare attenzione a quanto accade loro intorno e – si spera – a prevenire le possibili difficoltà
    ma se ai maschi suggerisco ad esempio di muoversi in gruppo quando rientrano tardi, alla femmina ho chiesto e chiedo di farsi accompagnare (sempre che non sia in giro con i propri mezzi)
    è capitato a loro conoscenti di essere malmenati o rapinati…tendenzialmente per i fanciulli non si va oltre, le ragazze rischiano di più e ritengo sia qualcosa da tener presente

  10. Ieri sera per pura curiosità pedagogica ho domandato a mio nipote, maschio italico di 7 anni, cosa risponderebbe se a scuola gli proponessero il quesito sui pronomi. A quanto pare il ragazzo si sente un lui, con una certa convinzione. Poi mi ha chiesto il perché della domanda, e dopo avergli spiegato ha aggiunto “però zia, allora se nelle scuole americane si fa così, forse sceglierei “noi”, per non essere troppo noioso”. Tralasciando la risata che naturalmente ci siamo fatti, non ho potuto fare a meno di pensare al ruolo della peer pressure in in ambiente che si fregia di essere tanto liberale e inclusivo.

  11. Io e mia figlia piccola la pipì in piedi all’aperto la facciamo…di nascosto ovviamente…ma la facciamo…se non ci sono bagni pubblici decenti e vicini….quella grande la sa tenere per ore e ore e ore…

  12. Anch’io sono contraria a questo metodo.soprattutto perché gli esseri umani gia tendono in modo naturale a suddividere tutto in categorie.nel peggiore dei casi poi si sfocia in pensieri e azioni carichi di razzismo.e anche un semplice giudizio diventa un pericoloso pregiudizio.

  13. Trovo che gli americani siano un popolo eccessivo in ogni loro manifestazione compresa questa….iniziare ad educare alla diversita’ e’ un concetto molto bello, pretendere che bambini di 5-6 anni sappiano dirti a quale genere si sentono di appartenere invece lo trovo eccessivo. Ma lasciare semplicemente che attraverso il gioco scoprano la loro strada e quello per cui si sentono portati senza preclusioni no?
    Ed onestamente anche la risposta dello hobbit di emzzo la trovo non alla portata di un bambino di 5-6 anni, salvo che le parole non siano state modificate …il concetto di mascolinita’ , piuttosto che dire hai dei problemi da risolvere….lo trovo troppo…bastava dire che anche ai maschi possono piacere i fiori come alle bambine le macchinine e che non c’e’ nulla di sbagliato in questo

    1. Non penso che “pretendono che i bambini di 5-6 anni sappiano dirti a quale genere si sentono di appartenere”, io ho capito che fanno tutti i giorni il cerchio dei pronomi proprio per dare la possibilità ai bimbi di cambiare, anche da un giorno al altro. Il che vuol dire esperimentare di trovarsi un giorno nei panni di una “lei”, un altro in quelli di un “lui” , un altro ancora un “noi” e cosi via.
      Noi puoi sapere se ti piace un piatto fino a che non lo assaggi, giusto?

      1. Solo che questa cosa è sbagliata in bambini di quell’età che han bisogno e cercano come ossigeno stabilità e recinti sicuri nei quali muoversi.

  14. se mi obbligassero a imparare dieci o dodici nuovi pronomi – senza parlare di tutte le successive concordanze, menomale che in yanqui non ci sono – mi sa che preferirei restare nell’armadio per sempre – qualunque esso sia.

    [che poi vabbe’, ma se uno(a/e/i/o/u/ipsilòn) non lo porta appiccicato su un pin io come lo riconosco che è zie? dai fiori in testa? dalla giarrettiera?
    …me sa che stamo da capo]

  15. Quando avevo 8/10 anni, ricordo di essermi seduta in chiesa in uno degli scranni a dx dell’altare. Il sacrestano mi ha raggiunto e mi ha detto:”Vai via da li” e io: “Perché?”. “Perché sei una femmina.” Mi ha fatto sentire bene la tua risposta allo hobbit di mezzo Elasti cara!

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