“Mòòò sneddu! finalmente sei arrivato! erano ore che ti aspettavo”
“Papà, ero a scuola…”
“Che me ne freCa a me della tua scuola. Giochi?”
“No. Devo fare i compiti”
“Eddai, non fare l’infamone. Una partita sola”
“Devo anche suonare il piano. non posso”
“Ti prego-ti prego-ti prego!”
“No! Non ne ho nemmeno voglia”
“Allora ti obbligo! Non puoi opporti alla volontà di tuo padre”
“Smettila. Ho detto no”
“Tu sei senza cuore. Il tuo vecchio padre, che non ti chiede mai niente, ti domanda una cosa piccolissima e tu gliela neghi… sei un essere umano deprecabile”
“Mi fai tristezza… Una sola partita e veloce!”
“Tutto quello che vuoi, amore mio figlio adorato”.
Mister i ha una dipendenza conclamata da video giochi. Da qualche mese ha scoperto il piacere di Call of Duty insieme agli hobbit. Tuttavia il medio ha altri interessi, il grande non gli dà soddisfazione e Sneddu è l’unico che lo tollera.
Il problema è che il figlio è mille volte più abile del padre che, al gioco, si perde, fa pasticci, inciampa, si fa uccidere dai nemici, si suicida senza accorgersene. Ma poiché Mister I, come Arthur Fonzarelli, è incapace di dire “ho sbagliato”, le sue partite con Sneddu sono un imbarazzante teatrino di fallimenti e accuse.
“Papà, sei morto di nuovo”
“È colpa tua! Non mi hai coperto”
“Attento! Seguimi invece di fare di testa tua!”
“Dove sei? Qui non si vede niente. Ci deve essere un bug”
“Non c’è nessun bug”
“Non mi funziona! Non risponde ai comandi questo schifo!”
“Va bene, papà. Vuoi scambiare controller?”
“Non trattarmi con condiscendenza. Sono bravissimo”
“Non direi. E se non ascolti i consigli non lo diventerai mai”
“Non ho bisogno dei tuoi consigli”
“Sei morto di nuovo”.
Io temo solo il momento in cui Sneddu si stuferà del padre. E si rifiuterà di gioocare con lui. Allora a Mister I resterò solo io. E forse divorzieremo.