A St. Andrews, in Scozia, siamo arrivati dall’Irlanda un uggioso sabato pomeriggio. Avevamo prenotato per una notte due stanze in un pensionato universitario adibito ad albergo. Alla reception stava un ragazzone del Minnesota. Era sorridente, troppo sorridente. Era gentile, troppo gentile. Ripeteva le stesse frasi cortesi molte volte e sembrava così felice che fossimo arrivati.
Allora mi sono ricordata degli NPC e ho capito che lui era uno di loro.
Il concetto di NPC mi è stata spiegato da Sneddu e da un film grazioso che si chiama Free Guy.
NPC, nonplayer character, sono le figurine di contorno nei videogiochi. Il tizio svagato al semaforo che fa un cenno quando i veri giocatori passano, quello che muore ogni volta schiacciato dallo stesso meteorite, quella che guarda stupita l’armageddon con le borse della spesa al braccio e le patate che ogni volta cadono e rotolano sul marciapiede. Sono lì come comparse, per fare numero, per dare una parvenza di verosimiglianza a un mondo chiuso e artificiale.
Si dice che ogni persona che incontriamo stia combattendo la propria battaglia. Loro no. Gli NPC non combattono proprio niente. Si limitano a stare, inoffensivi e vuoti.
Il mondo, mi hanno spiegato i miei figli, è pieno di NPC. Fanno colore, a volte allegria, ma non aggiungono né tolgono nulla all’intensità delle nostre vite di giocatori. Se ci si fa caso, si vedono ovunque. E loro vedono noi e forse noi siamo i loro NPC.
Comunque la domenica, all’ingresso del campo estivo che sta in un palazzo gotico, stava un suonatore di cornamusa in kilt che suonava ogni volta che qualche studente arrivava. Sneddu sta al terzo piano, in alto, in una stanza singola. Il medio sta al pian terreno in una enorme doppia con un bow window sulla strada e “un francese liberista” come compagno. “Mamma, ci sono femmine ovunque. Ma le femmine si capisce come sono soltanto il quarto giorno. Non prima” ha detto Sneddu.
Tutto bene fino a ora.
Mister I questa settimana deve lavorare in presenza all’università. Così domenica siamo venuti insieme a Londra. Nel suo appartamento in affitto non c’è traccia di Janet, la moglie inglese che mangia patatine all’aglio e all’aceto. Eppure l’ho cercata dappertutto, anche nell’armadio delle scope.
Elasti, noto in questo post un uso piuttosto abbondante del verbo “stare”, sarà la vicinanza continua con Mr I e l’influenza delle vibrazioni pugliesi? 😀
ho pensato la stessa cosa!! 🙂
E le figlie fotocopia degli hobbit? Neanche loro, dài! Solo proiezione di Elasti-ansie…
La moglie Janet all’aglio è stupenda!!!😂