la poltrona a fiori lo inghiotte. e lui non fa niente per impedirlo.
porta pantaloni grigi in fresco lana, una camicia a righe sottili elegante ma fuori dalla cintura e non è da lui. sopra la camicia ha un cardigan di lana pesante anche se in quella stanza oltre al calorifero c’è una stufetta che spara aria calda come un phon. amcalza pantofole grigie; quelle del milan, le sue preferite, sono a lavare purtroppo.
sta davanti alla tv accesa su torino sampdoria. la guarda senza vederla.
quando loro arrivano, lui si alza per dimostrare che non riesce a stare in posizione eretta.
“vedete? cado!”
“non c’è bisogno di cadere veramente. ti crediamo. siediti adesso”
“aspetta. vedi? faccio un passo e barcollo. le mie gambe non mi reggono più”
una signora peruviana lo accudisce alle spalle. sostiene che i vaccini non servono a niente.
lui si appisola. poi si ricorda dell’eritrea nella sua vecchia casa che ora ha venduto per venire a vivere in affitto accanto a degli amici.
“era bellissima”
“eritrea o la casa vecchia?”
“pensavo alla casa vecchia ma anche eritrea era bellissima. e tremenda. con quegli occhi azzurri”
si appisola ancora. quando si ridesta dice che ha sempre incontrato persone per bene.
“il medio ti manda i suoi biscotti. ti piacevano tanto, ti ricordi?”
“certo che mi ricordo. me li mangio dopo cena”
“mangi? perché a me sembri sempre più magro”
alza le spalle.
eritreo, ma tu hai voglia di andare avanti?
ma mica si può fare una domanda così, a eritreo cazzulati che era vicino di casa dell’elasti-famiglia ma ha voluto trasferirsi, che diceva di essere un pilota fenomenale, un calciatore straordinario e che oggi, quando elastigirl e mister i sono andati a trovarlo li ha salutati dichiarando di avere “la testa balenga” e poi ha chiuso gli occhi annegando un po’ di più nella poltrona.