Nonsolomamma

in bicicletta

elastigirl va in bicicletta, estate e inverno, quando piove e quando c’è il sole, di mattina e di sera. fino a qualche settimana fa i 40 minuti di tragitto tra casa e ufficio erano una meravigliosa occasione per stare da sola, a pensare ai fatti suoi. dalla bicicletta elastigirl guardava i passanti e immaginava dove andassero, che lavoro facessero, che cosa votassero. in bicicletta immaginava le lettere che avrebbe voluto scrivere, le parole che avrebbe voluto pronunciare, le cose che avrebbe voluto fare. in bicicletta, fino a qualche settimana fa, elastigirl era felice.
da quando nonno A non c’è più, elastigirl deve stare attenta. attenta a non inciampare nei ricordi quando è in mezzo alla gente, attenta a non farsi inghiottire dal buco nero quando è al centro della redazione, attenta a sorridere, a conversare, a restare concentrata, a fare finta che la vita sia uguale a prima.
da quando nonno A non c’è più elastigirl, si concede la disattenzione soltanto in alcuni momenti, in cui ci sono silenzio, solitudine e nessuno sguardo o orecchio indiscreto intorno. è un bizzarro esercizio, come se piangere fosse un’attività proibita, al pari di rubare o imbrattare i muri. è un bizzarro esercizio ma a lei va bene così e funziona quasi sempre.
tranne quando va in bicicletta. perché lì, su quel sellino, i pensieri vanno dove pare a loro ed è difficilissimo fermarli, o accartocciarli e buttarli nel cestino, come si fa con i fogli di brutta. perché, quando si pedala, come quando si corre o si nuota, si è liberi e libertà e attenzione non vanno insieme.
questo pomeriggio elastigirl stava tornando a casa. era in piazza della scala, ha pensato a un gelato buonissimo, al sindaco che ha l’ufficio proprio lì, allo hobbit grande che un giorno si era seduto su una panchina in quella piazza a mangiare un gelato e le aveva chiesto se pisapia fosse sposato con un uomo o con una donna. ha pensato a un pomeriggio di sole, a una finestra sugli alberi e a quella stanza.
quella stanza era luminosissima e di finestre sugli alberi ne aveva addirittura due. due finestre e un letto solo. proprio in fondo al corridoio. “in quella stanza così bella ci vanno i raccomandati”, aveva pensato elastigirl il primo giorno di quella settimana interminabile. nonno A intanto dormiva in una camera doppia, con una finestra buia, un signore bresciano e sua moglie con gli occhi da civetta che gli ordinava: “magna! magna!”. altrimenti vai al cimitero, gli diceva. a nonno A non importava granché. lui dormiva. in verità nemmeno a elastigirl importava granché. ripensandoci, in quei giorni, non le importava niente della finestra, della camera dei raccomandati, del girotondo di infermieri, di medici e di pazienti. le importava solo che nonno A aprisse gli occhi e dicesse: “su, ciccetti, portami a casa. anzi no, a casa ti ci porto io perché è così che funziona tra padre e figlia”.
in altri tempi elastigirl sarebbe stata curiosa. avrebbe chiesto alla signora seduta sulla sedia, di raccontarle la sua storia con quel marito malato, con i baffi, trincerato dietro una lacrimosa inappetenza.
invece, in quei sette giorni, elastigirl non aveva spazio per niente che non fosse necessario, preferibilmente vitale.
il penultimo giorno nonno A era stato trasferito due camere più in là, proprio in fondo al corridoio. in quella stanza luminosa, con due finestre e un solo letto. la stanza dei raccomandati. già. proprio raccomandati.
a quella stanza pensava elastigirl oggi, pedalando da piazza della scala a via brera, senza riuscire a fermarsi.
e quel venerdì, di 19 giorni fa, alle due del pomeriggio, quando tutto si è fermato mentre il mondo continuava a girare, elastigirl, incredula e spezzata, è uscita da quella stanza e ha incontrato lo sguardo della signora, affacciata sul corridoio, due porte più in là. lei, appoggiata allo stipite, occhi grandi e mani forti, ha domandato senza chiedere, elastigirl ha annuito.
a quel dialogo muto, a quel primo, acerbo squarcio di consapevolezza, a un’estranea divenuta per un attimo intima, all’enormità di quel momento, al tempo fuori. chissà che tempo faceva fuori. chi se lo ricorda. a tutto questo pensava elastigirl mentre tornava a casa in bicicletta, senza riuscire a fermarsi né a fare attenzione.

81 pensieri riguardo “in bicicletta

  1. chissà perchè, quando muore qualcuno, si dice:” é la vita…”
    vero è, invece, che la morte è di chi resta, e che la vita consola il dolore che strappa in due della morte…

  2. viviti le tue emozioni!
    quando è morta la mia mamma, io ho tenuto tutto bloccato per quasi un anno, fin quando non ho visto il mio papà stare meglio ed oggi pago lo scotto di vivere tutto ciò con un anno di ritardo, con la gente che non capisce i miei -smarrisi – voglia di piangere – voglia di prendere il telefono e chiamarla –

    ti abbraccio!

    1. per me è passato un anno e mezzo e proprio le lacrime non escono…si affacciano sugli occhi ma non cadono. vorrei tanto sbloccarmi, lasciarmi andare, ma ancora niente. nessuno sfogo, attacco di ira, frustrazione o simili (od opposti). chissà quando mi sbloccherò…

      1. ognuno ha i suoi tempi, quando arriverà il momento verranno fuori da sole.

        io ho pianto poco, ma il dolore non si manifesta solo con le lacrime.

        ho pianto tanto quando l’ho vista la prima volta in rianimazione, li non riuscivo più a fermarmi.

  3. Tu pensa pure quando vai in bici…però attenta che ci sono in giro un sacco di pirla che non pensano ai ciclisti e bisogna avere i riflessi di Paperinik!
    E se penso che facevo P.zza Agrippa – Politecnico in moto in una ventina di minuti scarsi mi sa che devo mettermi di diritto nella lista dei pirla…
    Un abbraccio!

    1. Igni tanto anche i ciclisti pero’ sono un po’ storditi pero’: lo dice una che vive conla bici sotto le chiappe e studia a occhio le traiettorie e le velocita’, fa i passaggi azzardati in base allla combinazione di questi dati…

      1. E’ vero, molti ciclisti sono proprio storditi e fanno delle cose assurde…però alle volte anche i pedoni riescono a tirare fuori il peggio di me!

  4. Penso che i momenti passati in bici o in palestra siano quelli in cui si tende a riflettere di più, a volte anche in maniera esagerata…ma questo è quello che succede a me ;)! E visto che riesco solo vagamente a comprendere come ti senta in questo periodo, ti mando un fortissimo abbraccio :*!!! Anche se mi dispiace sia solo virtuale.

  5. lasciali scivolare fuori i tuoi pensieri in bicicletta. che lì, chiusi dentro al tuo cuore mentre lavori e fai finta che vada tutto bene, ti fanno solo male. pedala, pedala. e pensa, pensa. pensare è un pò come piangere. la soluzione non la trovi. ma poi stai meglio. vedrai.
    take care cara elasti, sei davvero spesso nei miei pensieri, in questi giorni.

  6. Le stanze per i raccomandati sono stanze dove non si vorrebbe mai finire. Anche la mia mamma ha fatto gli ultimi 2 giorni e mezzo della sua vita nella stanza dei raccomandati con tv, divano per gli ospiti, scrivania e finestra gigante; in quella stanza una parte di me si è fermata come si è fermato il cuore della mia mamma… Già, proprio la stanza dei raccomandati. Raccomandati nel senso che da lì si oltrepassa in un’altra vita, che io spero sia migliore, senza sofferenza. Un abbraccione sincero!

  7. Pedala pure, elasti, se è quel che serve ora. E scrivi, elasti, se è quel che serve a buttar fuori.
    A me succedeva qualcosa di simile guidando la notte verso casa con l’autoradio in sottofondo, brr.
    Un abbraccio

  8. Io non lo sapevo… Non vengo qui da un po’, passavo di qui dopo un’altra lunga serata al computer, per lavoro. Passavo per rasserenarmi, come tante volte ho fatto leggendo i tuoi racconti.
    Invece ho trovato il tuo dolore. Non ho capito subito, ci ho messo un po’… e ora piango, come ho fatto qualche mese fa per una mia cara amica, e vorrei stringerti come ho stretto forte lei. Perché anche se so che non è bastato, a qualcosa è servito…
    Mi dispiace davvero.

  9. Anche per me la pedalata e’ catartica, solo che io mi faccio del male- quando ne ho bisogno- mettendomi Ipod con adeguata colonna sonora!
    Claudia, la tua ferita e’ fresca, credo sia naturale usare quei momenti per pensare ancora un po’, se ce la fai direzionati almeno su ricordi felici

    Ps: che forza! Mi faccio anch’io certi trip sugli affaracci dei passanti, se poi sei abitudinario e alcuni li vedi ogni giorno diventa una telenovela :-)!

  10. Non sempre si può domare i pensieri, a volte è meglio lasciarli liberi. Escono e smettono di roderti dentro, si trasformano e diventano meno acidi, piano piano, solo poco amari, fino a diventare dolci ricordi. Il regolare ritmo della pedalata aiuta, è terapeutico. Cerca di usare le rare piste ciclabili, dove al massimo trovi cacche di cane, auto parcheggiate e qualche pedone, dovresti riuscire a rischiare di meno.
    40 minuti? Quanti ne impiegavo io da Piazza Maggi a Via Pola 12 anni fa, sempre in bicicletta, un occhio alle auto, uno alle rotaie e al pavè.
    Roberta

  11. :(( anch’io pedalo elasti sempre, con qualsiasi tempo in qualsiasi stagione. Mi aiuta, mi rilassa, i pensieri sono liberi . Non posso che immaginare un dolore così grande. un abbraccio

  12. durante la lettura di questo post, ho sentito dentro uno struggimento, come se fosse capitato a me. ho scritto mille parole cercando di comunicare un pensiero, ho cancellato e riscritto. ma davvero a volte che possiamo dire se non “mi dispiace moltissimo per te”?. un abbraccio sincero

  13. è vero i ricordi sono dietro l’angolo ed arrivano al cuore ed alla mente quando meno te lo aspetti… vai per associazione di idee e zac! sei fregata!… vivi le tue emozioni, il tuo dolore… penso che solo così si possa andare avanti alla ricerca di un nuovo equilibrio… ed è incredibile come, davvero, sembri inadeguato piangere e soffrire… come bisogna apparire comunque sereni… anche quando si muore dentro…
    ti abbraccio cara Elasti… e grazie per questi tuoi post così intimi… attraverso le tue parole riesco a leggere quelle emozioni che ho nel cuore da due anni e mezzo e non riesco a lasciar emergere…

  14. Non si è mai abbastanza grandi per fare ameno dei genitori. La bambina/o che è in noi vorrebbe tanto essere presa in braccio, a volte, e sentirsi dire “Va tutto bene, ci penso io”. Anche se accade poche volte, durante la vita di adulti, quando un genitore muore si fa acuta la consapevolezza che questo non potrà mai più accadere. L’adulto che è in noi se ne fa una ragione (è la vita, è la malattia…), il bambino che alberga in ogni cuore, si sente abbandonato… L’ho visto, l’ho vissuto attraverso mio marito. Lui ha perso il padre quando era adolescente e una parte di lui è rimasta ferma a quel punto (la parte che rappresenta il rapporto con suo padre) e poi ha perso la mamma qualche anno fa. L’adulto ha reagito benissimo, ma il bambino soffre ancora. Non lo so se passa tutto con il tempo, ma di sicuro si impara a conviverci, inevitabilmente. Con tanta accettazione del proprio e altrui dolore.
    Un caro saluto
    c

  15. forse il lasciare fluire tutto è giusto. col tempo, probabilmente diventerà anche terapeutico. perlomeno in quei pochi momenti in cui puoi permettertelo. concordo con chi dice che non sia giusto tenere tutto bloccato. anche se deve essere davvero durissima, a tratti insopportabile. ti abbraccio forte

  16. Si, quegli attimi di intimità totale con dei perfetti sconosciuti, con cui condividi un pezzo di cammino in salita, in cui ognuno può solo guardare ai suoi piedi che vanno avanti. Quei momenti che poi ti riportano al fatto che siamo tutti uguali ed umani e amiamo e odiamo le stesse cose fondamentali.

  17. Cara amica, prendi la bici, vai un po’ lontano e piangi in santa pace. Dopo ci si sente meglio…Ti abbraccio e ti mando un pensiero pieno d’amore

  18. a me succede anche in auto…un raggio di sole, un albero particolarmente bello, un bambino che fa non so cosa e bum! mi arriva un pensiero triste e mi metto a piangere, lì, al volante, cercando di non far danni…

  19. sii triste, va bene, ma stai anche attenta! io non so come è a milano, ma qui a roma a noi ciclisti ci puntano da lontano con i suv…
    soprattutto se la bici vanta il seggiolino per l’ospite piccolo dietro! ed è vero che in bici si riflette e che a volte per una mamma, tra lavoro e casa, quelli in bici sono gli unici 40 minuti di pace della giornata, ma stai attenta, per favore, non mi far preoccupare!

    p.s. ricorderò sempre il genitle tir bartolini che quasi mi uccise due anni fa sulla salita di san lorenzo…

  20. stamattina pensavo che a tutto si dà un tempo. Quando ti capita un dolore grande, le persone cercano di capirti e ti danno tempo. Poco però. O meglio, il giosto, per loro. Poco per te, che vai avanti a soffrire. Dopo quel tempo ammesso e concesso, tutto deve rientrare nella normalità, altrimenti ti senti un peso, non va bene, non si usa, non si fa. Quanto è giusto mascherare? Mi fermo qui. Penso e non risolvo.

  21. Strano è quando ti accorgi che il mondo gira comunque e che le persone continuano a fare quello che fanno sempre.
    Perchè non tutti sanno quello che ti è capitato e non sanno il dolore che provi.
    Eppure, poi, è proprio questa “normalità” che ti aiuta.

  22. Penso che ai ricordi ci si debba lasciare andare il più possibile: se ti opponi troppo stai male sia per la fatica di combatterli che per quello che ti fanno sentire, raddoppi la sofferenza e basta.

    Se ti ci abbandoni smettono di fare male dopo un po’, è un abituarsi.
    Dopo quasi vent’anni ci sono foto che hanno smesso di farmi piangere solo adesso (e non sempre) perché ero bambina e ho nascosto tutto sotto il tappeto quando è morto chi mi ha fatto da papà.
    Per questo ti dico così.

  23. Mia mamma è morta folgorata dal forno elettrico mentre infornava una pizza. Sedici anni dopo ho l’incrollabile consapevolezza che ha fatto meno danni lasciando un vedovo trentottenne con due pseudo nane di tredici e dieci anni che se avesse vissuto altri sedici anni.
    Per dunque, cara Elasti, il tuo dolore mi fa un grande invidia ed è un grosso lusso.
    MJC (http://mjcoe.wordpress.com/)

  24. Cara Claudia,
    lascia sfogare il tuo dolore, non trattenerti, se la pedalata aiuta a fare uscire il gorgo di lacrime lasciale andare non potrà che essere benefico e ristoratore.
    Le emozioni vanno vissute e sfogate altrimenti ci si ammala nell’anima.
    un abbraccio, Gaia

  25. A proposito di consigli…. Un piccolo lettore e le cuffiette, la sera, quando i pensieri non corrono liberi dove non dovrebbero prepari la tua lista di canzoni guida per il giorno dopo. A volte non serve lo stesso e allora pedalo forte per far finta che le lacrime me le abbia provocate il vento

  26. Cara Elasti,
    a febbraio ho perso un amico.
    Se n’è andato così, di punto in bianco, insieme alla sua fidanzata. Si sono addormentati e non si sono più svegliati.
    E anch’io i primi tempi, dopo la giornata di lavoro e gli impegni quotidiani salivo in sella al motorino e tornavo a casa. E’ un tragitto di circa 15/20 minuti e mi ricordo che in quel momento la mia mente e il mio cuore consideravano la giornata terminata e vagavano finalmente liberi.
    Quanto ho pianto sul quel motorino, prima tutte le sere, poi una sera sì e l’altra no.
    Ora ogni tanto.
    Solo per dire che piano piano la tristezza passa ma mai del tutto, ogni tanto si ripresenta e allora va bene lasciarsi andare.
    Prima o poi arriverà il momento dove in bicicletta ti farai delle grandissime risate pensando al tuo papà, questo te lo assicuro.
    Saranno risa tra le lacrime ma è giusto così.

    Un abbraccio forte.
    Franci

  27. anche mio papa’ mi chiama ciccetti…. di papà così ce ne sono pochi, siamo due donne fortunate; ma quando un papa’ così se ne va non deve essere per niente facile. grazie perchè condividi con noi in questo modo così sincero, aperto, familiare, le tue sensazioni. le tue parole saranno preziose quando succederà anche a me.

  28. Ho perso mio padre 12 anni fa. Leucemia. Anche se in realtà a portarselo via è stato il cuore. Che non ha retto. Quindi in una settimana mi ha lasciato. O ci ha lasciati. Avevo 20 anni. E per me era solo un papà. Non un uomo. Non il marito di mia madre. Difatti a pensarci adesso non lo conoscevo. Nel tempo mi è sempre mancato. Anzi mi è mancata l’idea di avere un padre. L’idea di avere comunque sempre qualcuno a cui tornare. Qualcuno che mi potesse proteggere. Un’idea infantile forse. Ma è così. L’anno scorso se ne è andata mia madre. Una malattia durata 10 anni. Affrontata da sola, anzi non da sola con tutti i suoi amici, tanti a dire il vero, con coraggio. Senza piegarsi mai. Solo gli ultimi giorni ha cominciato a sentire nostalgia per quello che avrebbe lasciato. Dolore per tutti quelli che sarebbero rimasti. Ci siamo salutate un mese prima che se ne andasse e mi ha detto: “Ommioddio sai che forse non ci vedremo più”… Cazzo. Ho aggiunto io. Con il mio pupo di appena un mese. Quando ci siamo riviste invece mancava poco. Pochi lunghissimi lentissimi estenuanti giorni. Speravo che se ne potesse andare senza tutte queste lungaggini della morte della malattia. Speravo che ci chiedesse di non accanirci. Con quelle cazzo di medicine. Invece no. Ha combattuto fino alla fine. Fino alla fine. Fino a quell’ultimo istante in cui ho solo pensato “dai mamma lasciaci”. E poi finalmente il medico ha detto è finita. Eravamo così tanti nella sua stanza. Accanto al suo letto. Nella sua casa. Tanti. Tutti. Amici. Parenti. Figli. Nipoti. Tutti.
    Poi è passato un anno. Ogni tanto la incolpo ancora. Che se ne è andata e mi ha lasciato. In un momento così delicato. Ogni tanto conversiamo in sogno e al mattino so che in qualche modo per me ci sarà sempre. Ogni tanto quando sento un odore un profumo che mi rimanda a lei alla sua casa al suo bucato penso a noi due. Madre e figlia. Ai litigi perenne. Ai baci. A tutti i momenti che cerco di ricordare perchè ho paura di dimenticarmi. Di lei. Di noi. Di tutto il tempo. E poi penso che certo sicuramente avremo modo di ritrovarci. In una qualche prossima vita. “una vita in cui possa ricordami di questa”…

    1. che intensità . . . e che dolcezza nel ricordarla. Io la mamma ce l’ho ancora, acciaccata ma qui, e leggendo il tuo post mi sono vergognata di tutte le volte che le rispondo male, che mi irrito, che mi pento anche ma che poi rifaccio.
      E mi sono vergognata di più dei baci che non le faccio quasi mai : io posso sperare di incontrare qualcuno che me li dia, lei (so per certo) che se non lo faccio io, non ci sarà mai nessuno che lo farà.
      Grazie per la riflessione.

  29. Claudia, non posso piangere più leggendo i tuoi post, quanto mi ci riconosco e quante emozioni mi trascini fuori e io cerco di ricacciarle dentro. Tu hai quella capacità innata di rivoltare l’interiore dell’altro fuori solo con le parole scritte.
    Io ti sono vicina come solo a una grande amica si potrebbe, però noi non siamo amiche e io non ti conosco. La distanza reale e la vicinanza virtuale si confondono con la fortissima empatia che ho per te oggi.

    Per favore pedala con attenzione e lascia correre i tuoi pensieri e le tue lacrime. Passerà ovviamente… ma le mie lacrime di oggi che sono per il mio di padre volato via 17 anni fa, dicono che rimane sempre lì. Solo diverso.
    Arianna

  30. Leggo di sfuggita i tuoi post su tuo padre, perchè io un padre ce l’ho, ma non vede me e imiei figli da due anni, sempre impegnato nelle sue cause, troppo orgoglioso per fare un passo indietro. Vivo nel presente come un orfana, ricordando le cose belle, non voglio essere triste, io ci ho provato a lanciare una corda, ma lui non ci si è attaccato.
    Un abbraccio.
    Lena

  31. io vorrei trovare qualcosa di sensato e sensibile da dirti, ma nn ci riesco, allora da qui, ti poggio veloce una mano sulla spalla, mentre tu pedali e piangi e forse un po’ ti liberi, forza! ❤

  32. Il dolore è una brutta bestia Elasti, e tenerlo al guinzaglio è cosa ardua.
    Proprio stamattina mi è successa una cosa analoga a quella successa a te, mentre portavo il nano a scuola in bici..Ho visto dei gerani sul balcone.Rossi, grandi.
    E mi sono trovata nella sala di mia nonna, con dei gerani grossi e rossi appesi alla piccola ringhiera della porta finestra. E la tristezza mi ha sommerso come se fosse scomparsa in quel momento e quando il nano mi ha chiesto cos’avevo mi sono trovata a dar la colpa a quei maledetti moscerini onnipresenti.
    Tra sei giorni parto per andare a Trieste, nella casa dell’altra nonna, mancata a settembre, e ho ancora più paura, perchè per me il tempo si è fermato il giorno che l’ho vista per l’ultima volta, uscendo dalla saletta dell’ospedale in cui si lasciano i parenti con “il caro estinto”.Tra sei giorni entrerò in casa sua e la troverò lì, nella stanza del pianoforte, in una graziosa scatolina intarsiata, in mezzo alle foto di tutti noi che le abbiamo voluto bene a tenerle compagnia.Temo che fare attenzione non mi basterà..

  33. posso solo abbracciarti, virtualmente ma con molto sentimento.
    nessuno ci aveva preparato alla vita, tantomeno alla morte.
    dobbiamo trovare le risorse dentro di noi, imparare a superare queste grandi difficoltà.
    forza!
    Chiara

  34. Cara Elasti,
    senti tenerissima,
    1. bisogna che accetti di andare in bus o metro per un po’. Non si può rischiare la vita così, per una pedalata (primo pistolotto)
    2. dai, sei sulla buona strada, stai già superando il primo passo, quello del rifiuto, dai che arrivi al secondo, coraggio, un centimetro alla volta, cammina, cammina.
    3. te l’ho già scritto una volta, il legame con tuo papà era (ed è ancora) molto speciale e ora sei naufraga nel mare del dolore. Ma ti resta LEI, l’altra parte di te, tua mamma. Non per farmi i fatti tuoi, ma visto che te li fai già da sola qua in compagnia azzardo: l’hai cercata? La cerchi ogni giorno? Le telefoni? Ci parli? Ti fai cucinare qualcosa, anche un semplice crostone al pomodoro, che mangiare qualcosa fatto dalla mamma è sempre curativo? Te lo fai offrire un cappuccino ogni tanto? Dai alza quel telefono e chiamala.
    Zao cuzzola, e comprati i biglietti dei mezzi.

  35. Dai Elasti non mollare, sei forte tu. Hai da pianificare la nuova casa con tutti gli annessi e connessi. E magari anche il viaggio negli States? Lontano da quella stanza là in fondo al corridoio….quella dei raccomandati, per intenderci…

Scrivi una risposta a mammasuperabile Cancella risposta

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.