Nonsolomamma

dormirci dentro

c’era tornata una volta sola, lo scorso luglio. poi basta. non era capitato, diceva. aveva evitato che capitasse, sapeva. la verità è che l’odore, il sapore, la consistenza e gli echi di quella casa avrebbero evocato lui, certamente, ma anche un passato che se ne è andato, prima di lui. avrebbero evocato domeniche trascorse a studiare l’aoristo greco, nello studio accanto alla cucina, sabati sera a bere camomilla perché si era convinta che facesse bene, dopo quelle prime uscite da grandi, quando lui la andava a prendere a mezzanotte e lei si fermava a dormire lì, in quella casa, proprio nello studio dove il giorno prima aveva studiato greco. avrebbero evocato cene d’estate, sul terrazzo, con le zanzare e le luci di linate in lontananza, un tavolo quadrato in cui ognuno aveva il suo posto, anche lei che lì non ci aveva mai abitato. avrebbero evocato la sua adolescenza, gli anni dell’università, serate davanti alla televisione ad abbrutirsi, cene di compleanno, feste di natale. avrebbero evocato un mondo lontano, ora definitivamente perso.

oggi è tornata, a casa del nonno A, suo papà. è tornata con lo hobbit medio e quello piccolo, ché il grande era a una festa. è tornata ed è entrata in tutte le stanze, per sentirne l’odore, il sapore, la consistenza e gli echi. ha chiesto il permesso e ha aperto il suo armadio, quello delle camicie, dei pantaloni, delle giacche, delle cravatte, dei pigiami e delle magliette. “io non l’ho quasi toccato. ancora non ce la faccio”, ha detto nonna M, allontanandosi, in punta di piedi, mentre gli hobbit giocavano a snip-snap in sala. elastigirl è rimasta sola, di fronte a quelle ante aperte e a quei cassetti. sola, con i suoi pantaloni di velluto, con quel pigiama a righe che aveva anche in ospedale, con la cravatta che le piaceva tanto, di lana, a righine sottili, con la giacca beige che era proprio lui. è rimasta un po’, a toccare, annusare, struggersi, ricordare.

e poi ha preso qualche maglietta, due bianche e due grigie, taglia L, impregnate del profumo di quella casa e del suo papà che non c’è più da quasi nove mesi. e le ha messe in un sacchetto. da portare a casa sua. per dormirci dentro.

forse si guarisce un po’ anche così, trovando il coraggio di toccare, annusare, struggersi. e di dormirci dentro.

62 pensieri riguardo “dormirci dentro

  1. Sì Elasti, si guarisce anche così. Io ho a casa qualcosa preso dall’armadio della nonna di mio marito, quella che considero la mia amica dell’età adulta, alla cui scomparsa è seguito un anno di forte depressione.
    La maggior parte non le ho ancora lavate, ogni tanto apro la borsa dove le tengo e abbraccio qualcosa.
    L’ultima cosa che ho tirato fuori è una vestaglia che ho lavato con le cose che porterò in ospedale quando andrò a partorire il mio bimbo, l’ho lavata insieme alle cose per il bimbo e immaginavo che in lavatrice gli indumenti si abbracciassero tra loro. Adesso, dopo tre anni, questa cosa mi ha fatto finalmente sorridere.

  2. anch’io dormo nelle magliette del mio papà, da più di 4 anni…
    e mio marito indossa un suo maglione…che oggettivamente non gli sta tanto bene, un pò piccolo a dire il vero… però… mi fa ‘vedere’ un pò di lui. Ed è bello. E non mette tristezza…non più!

  3. 2500 anni di lirica, 100 anni di psicanalisi in 30 righe di un post su una maglietta. Rispetto per i sentimenti ma ammirazione, e tanta, per l’arte!

  4. Esatto, dici bene nel finale. Si guarisce anche e soprattutto così. Io ho ripercorso il passato, i suoi ricordi, i suoi luoghi.. E mi è servito tanto. Un caro abbraccio

  5. Il mio papà è morto il 20 Gennaio dopo neanche un mese di malattia.
    Avrebbe compiuto 73 anni il 6 Febbraio. A Natale è ancora andato a festeggiare da mia sorella poi di giorno in giorno ha iniziato a non camminare più fino a bloccarsi nel letto e a non parlare neanche più.
    E’ straziante vedere un tuo caro che soffre e non poter far niente e, nonostante tutto, farsi cogliere di sorpresa dalla morte. E dopo cercare di non pensarci troppo perchè altrimenti il dolore e la rabbia diventano troppo difficili da gestire, o meglio, cercare il momento giusto per pensarlo con serenità. Ti sono vicina.
    Daniela

  6. sai qual è la cosa peggiore, Elasti? che l’odore dall’armadio svanirà… una sera ero davvero molto, molto, mooooolto triste ed arrabbiata e mi sentivo molto sola. solo lei avrebbe potuto rimediare con un abbraccio, ma non c’è più. ho preso il suo album di foto ed erà lì bella e sorridente con addosso il maglione che indossavo io in quel momento e non mi ricordavo di averle mai prestato. Secondo me voleva abbracciarmi…..

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